Il Parlamento in seduta comune si riunisce per eleggere un giudice costituzionale, che manca al plenum della Consulta dal novembre 2023, quando concluse il proprio mandato la presidente Silvana Sciarra. Dopo sette scrutini andati a vuoto, il prossimo richiederà 363 voti per eleggere il giudice, vale a dire i tre quindi dei 605 parlamentari italiani. Il centrodestra, è in bilico nel raggiungere questa cifra.
I quattro partiti di maggioranza - come si può verificare sui siti di Camera e Senato - hanno 239 deputati (48 di Fi, 117 di Fdi, 65 della Lega, 9 di Noi moderati) e 118 senatori ((20 di Fi, 63 di Fdi, 29 della Lega, 6 di Nm), per un totale di 357 voti, sei in meno del necessario. Tuttavia a questi vanno aggiunti altri parlamentari del centrodestra iscritti al Gruppo Misto: Mara Carfagna, Lorenzo Cesa e Antonino Minardo alla Camera, Mariastella Gelmini e Giusy Versace al Senato. Questi cinque portano la somma a 362, uno sotto la soglia. Sempre che nessun parlamentare del centrodestra, compresi i ministri, non abbia altri impegni istituzionali. Come, per esempio, Antonio Tajani e Raffaele Fitto, in missione all'estero.
In assenza di un accordo ufficiale con qualche partito dell'opposizione - come in passato si è fatto - nei pourparler in Transatlantico si annoverano possibili altri parlamentari disponibili a votare con il centrodestra, con gli interessati che tuttavia non confermano. Per esempio, circolano i nomi del senatore Meinhard Durwalder e del deputato Dieter Stegeer della Svp, che hanno più volte votato con il centrodestra (anche astenendosi sulle fiducie). A questi ipotetici 364 voti (quindi uno più del necessario, se tutti saranno in Aula),si potrebbero aggiungere- si ragiona in ambienti del centrodestra - altri possibili potenziali sì. Ad esempio quelli di Francesco Gallo di Sud chiama Nord, o Andrea De Bertoldi, deputato espulso ad agosto dal partito e dal gruppo di Fdi. E ancora altri parlamentari delle Autonomie come il valdostano Franco Manes.
Anche su questi nomi non ci sono conferme. E i numeri resterebbero comunque risicati, si commenta in ambienti parlamentari, anche rispetto al rischio dei franchi tiratori e delle defezioni all'ultimo momento.
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