Il "diritto di asilo per lo straniero cui venga impedito nel suo Paese l'esercizio delle libertà democratiche" è garantito dalla Costituzione. Ne consegue che anche le Corti di Giustizia europee, con la necessaria rinuncia di porzioni di sovranità nazionale, lo siano. Sergio Mattarella apre i lavori degli Stati generali della diplomazia alla Farnesina e agli ambasciatori consegna una serie di riflessioni, alcune puntute se lette dall'ottica del governo, con le quali definisce i confini invalicabili della politica estera italiana e lancia contemporaneamente diversi allarmi.
Tra questi quello decisamente più politico viene interpretato come una stoccata all'uomo più ricco del pianeta, mai citato dal presidente della Repubblica, quell'Elon Musk di questi tempi intimo di diversi leader politici, dall'America all'Europa. Il ragionamento presidenziale è complesso ed è tutto teso a segnalare i rischi di un capitalismo selvaggio e miliardario che si muove fuori di ogni controllo e tende sempre più a farsi parte politica. "Non è la prima volta nella storia che - argomenta il capo dello Stato alle feluche riunite sotto la guida del ministro degli Esteri Antonio Tajani - gli Stati vengono messi in discussione nella loro capacità di perseguire e garantire gli interessi dei popoli e, quindi, dei loro cittadini. Tema che appare di rinnovata attualità a fronte di operatori internazionali svincolati da ogni patria, la cui potenza finanziaria supera oggi quella di Stati di media dimensione e la cui gestione di servizi essenziali sfiora, sovente, una condizione monopolistica". Musk e non solo quindi, visto che i guadagni delle società digitali stanno raggiungendo cifre mai viste nella storia e mostrano un'influenza politica che genera legittimi dubbi democratici.
Il tutto appare ancora più grave, nella percezione del Quirinale, se si analizza la politica internazionale e la si cala nel trend vincente che attraversa i continenti. "Divisioni e fratture si moltiplicano nel mondo", spiega Mattarella che non nasconde il proprio disagio per quanto vede manifestarsi sempre più ferocemente: "siamo di fronte al paradosso di una società globale sempre più interconnessa e interdipendente che attraversa una fase in cui si affacciano nuovamente, con ricette stantie, le sirene del settarismo nazionalistico, etnico, quando non arbitrariamente religioso".
Prima di passare ai principali scenari di crisi il presidente preferisce chiarire bene alcuni aspetti di un dibattito politico sempre più aspro sui migranti. "I drammi migratori sono talvolta oggetto di gestioni strumentali da parte di alcuni Stati, per trasformarli in minaccia nei confronti dei vicini, in palese violazione di convenzioni internazionali liberamente sottoscritte", premette Mattarella per poi spiegare bene ai diplomatici quali siano i paletti insuperabili della nostra adesione all'Unione europea: "la stabilità di un posizionamento (quello europeo ndr) la rinveniamo nei principi definiti dalla Costituzione, agli articoli 10 e 11. Diritto di asilo per lo straniero cui venga impedito nel suo Paese l'esercito delle libertà democratiche, ripudio della guerra, perseguimento di pace e giustizia tra le nazioni anche attraverso limitazioni alla sovranità, in condizioni di parità con gli altri Stati. Di qui l'integrazione d'Europa, le Convenzioni internazionali, di qui le Corti di giustizia che ne sono derivate, a tutela dell'applicazione degli ordinamenti". Tema caldissimo per l'esecutivo visto che proprio sulla decisione della Corte di Giustizia di Lussemburgo si gioca la possibilità di usare o meno il centro costruito dall'Italia in Albania che solo ieri la premier Giorgia Meloni ad Atreju ha garantito che "funzioneranno". Decisione peraltro attesa non prima della fine di febbraio.
Le linee di politica estera sono state dettate dal ministro degli Esteri Tajani, che ha parlato prima di Mattarella. Dal presidente posizioni in linea sulle crisi Ucraina e mediorientale. Solo toni leggermente più decisi sulla necessità di risolvere in fretta la questione palestinese: "perseguire l'obiettivo, ravvicinato, della statualità palestinese significa offrire al popolo della Cisgiordania e di Gaza un traguardo di giustizia e una convincente prospettiva di speranza per il proprio futuro, irrinunziabile condizione anche per una finalmente solida garanzia di sicurezza per Israele".
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