La terza manovra del governo Meloni è legge. L'Aula del Senato ha confermato la fiducia al governo e approvato la legge di bilancio con 112 sì, 67 no e un astenuto al termine di una mattinata che ha visto scintille e screzi tra maggioranza e opposizione con un botta e risposta al vetriolo tra il leader di Iv Matteo Renzi e il presidente del Senato Ignazio La Russa.
Una manovra "di grande equilibrio, un passo avanti per un'Italia più forte e giusta" rivendica la premier Giorgia Meloni riecheggiando la "prudenza" citata nei giorni scorsi anche dal ministro Giorgetti. Un provvedimento, dice la premier, con il quale "teniamo i conti in ordine senza rinunciare al programma elettorale". Non la pensano così le opposizioni: per Elly Schlein la manovra è "senza respiro" mentre per Giuseppe Conte "dà un pugno ai cittadini e una carezza alle banche". "Buona per le lobby e non per i cittadini", dice Avs. "Iniqua e controproducente", sostiene la Cgil. E protesta anche l'Anci con Gaetano Manfredi che sottolinea come la stretta sulla spesa corrente potrà portare a una paralisi dei servizi ai cittadini.
Ad ogni modo Palazzo Madama dà il via libera a una legge di bilancio da 30 miliardi, dei quali oltre la metà destinati al taglio del cuneo e all'accorpamento degli scaglioni Irpef che vengono resi strutturali. Due interventi rivendicati da tutti gli interventi della maggioranza in Aula. E ancora gli oltre sei miliardi destinati al pacchetto famiglia: dal bonus nuovi nati all'allungamento di un mese del congedo parentale al bonus mamme esteso alle autonome. Ires premiale ed estensione della flat tax dipendenti sono poi le due misure su cui puntano i riflettori, rispettivamente, Forza Italia e la Lega anche se, al momento, sono finanziate per il solo prossimo anno.
Una manovra arrivata in porto non senza scossoni nella maggioranza, con la premier costretta a convocare vertici d'urgenza e richiamare gli alleati a più riprese. E che ha visto, comunque, una battuta d'arresto, forse la più clamorosa dall'avvio della legislatura per questo governo, sul canone Rai con il braccio di ferro tra FI e Lega che ha portato il governo ad andare sotto in commissione sul decreto fiscale a Palazzo Madama. Ma anche la, parziale, retromarcia sulla parificazione dello stipendio dei ministri non parlamentari ai colleghi eletti. Tra le norme più discusse poi quella 'anti-Renzi' per lo stop degli stipendi all'estero di parlamentari e componenti del governo. Una misura sulla quale anche la Lega ha manifestato delle perplessità. "Renzi non ha tutti i torti...", ha detto ancora in mattinata il capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo.
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