Dopo Francia e Germania anche l'Italia abbasserà l'Iva sulle transazioni di opere d'arte, rendendo l'industria legata ai beni artistici più competitiva.
"Ci siamo e credo che siamo vicini a un risultato che darà soddisfazione a tutti quanti" ha detto il ministro della Cultura Alessandro Giuli ai galleristi, collezionisti e mercanti d'arte che da tempo chiedono di abbassare l'Iva sulle cessioni di beni d'arte, attualmente al 22%.
"Il ministero dell'Economia è d'accordo con noi: le coperture verranno trovate", ha annunciato in occasione della presentazione del Rapporto Nomisma sul mercato dell'arte in Italia. Un rapporto che mostra il cospicuo giro d'affari dell'industria dell'arte italiana che, pur avendo generato nel 2023 un giro d'affari diretto pari a 1,36 miliardi di euro e un impatto economico complessivo di 3,86 miliardi di euro, sta vivendo una lenta ma preoccupante contrazione. Negli ultimi anni, le 1.618 gallerie d'arte e i 1.637 antiquari attivi sul territorio nazionale hanno visto diminuire progressivamente il proprio numero e il proprio fatturato reale, a causa - spiega il rapporto - non solo dell'aumento dei costi operativi, ma anche per via di un sistema fiscale non allineato a quello degli altri Paesi europei e gravato dall'aliquota Iva più elevata a livello comunitario. In Italia oggi la cessione di opere d'arte è soggetta all'aliquota ordinaria del 22%, la più alta in Europa, mentre la Francia ha deciso di estendere da gennaio 2025 il regime agevolato del 5,5% a tutte le transazioni artistiche, incluse le importazioni e le cessioni, e di conseguenza la Germania ha ridotto la propria aliquota al 7%.
Questo significa, spiega Nomisma, che per la stessa opera d'arte un collezionista pagherebbe fino al 18% in più acquistandola in Italia piuttosto che in Francia, con il risultato di obbligare da una parte gli operatori italiani a comprimere i propri margini per restare competitivi e dall'altra di indurre i giovani artisti a migrare verso gallerie straniere. Con conseguenze su tutta la filiera: restauratori, trasportatori, studiosi e i tanti artigiani che tutto il mondo ci invidia. Ora però "esiste concretamente la prospettiva economica di riallinearci ad una media continentale" risolvendo quella "forma di dumping autentico della filiera dell'arte in tutte le sue rappresentazioni", ha rassicurato il ministro, mostrando soddisfazione:
"Oggi siamo ad un bivio, a un punto di non ritorno, perché se messi in condizione di competere ad armi pari vinciamo su tutti". "Il mercato dell'arte è uno dei più globalizzati che ci sono al mondo, si spostano gli operatori, ci sono le fiere internazionali, ma si spostano anche le opere d'arte, quindi accogliamo con grande soddisfazione le garanzie che ci ha offerto oggi il ministro Giuli. La nostra speranza è che l'aliquota venga abbassata per le transazioni ma anche, per esempio, all'importazione, dove l'Italia è al 10% e la Francia come sappiamo è già al 5,5%." ha detto la presidente del Gruppo Apollo, che rappresenta l'industria dell'arte in Italia, Alessandra Di Castro.
Quanto all'Iva, "l'Italia è stata la prima nazione in Europa ad introdurre indirizzi in questo senso. Francia e Germania sono intervenute in reazione alla nostra legge delega a mia prima firma al aoverno in materia e, per prassi parlamentari, sono riuscite ad attuarli prima", rivendica il presidente della commissione Cultura della Camera e responsabile nazionale cultura di FdI, Federcio Mollicone. Replica il Pd ricordando che la misura era stata "incomprensibilmente" esclusa dal decreto Cultura. Una scelta, dice Irene Manzi, capogruppo democratica nella commissione Cultura della Camera, che "ci porta ad essere diffidenti sugli annunci di oggi"
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