Gli investimenti italiani in intelligenza artificiale (AI) non reggono il passo non solo di Usa e Cina, ma anche degli altri Paesi europei, mentre i ricercatori e le startup fuggono all'estero. A delineare il quadro e Piero Poccianti, presidente dell'Associazione italiana per l'intelligenza artificiale (Aixia).
"Il mondo della ricerca in AI è piuttosto maturo ma i ricercatori vanno in Usa (e a breve la Cina) dove li pagano di più", spiega Poccianti all'Ansa a margine del convegno "Giornalismo Aumentato". "Il mondo delle startup è interessante, abbiamo aziende molto innovative ma sottofinanziate, e che quindi spesso vengono acquisite dai grandi colossi americani". Accanto a a questi "c'è un mondo industriale che è indietro, perché ancora non ci crede e non investe".
Poccianti cita i dati del Politecnico di Milano, secondo cui nel 2018 in Italia abbiamo investito 80-85 milioni di euro sull'intelligenza artificiale; il settore assistenti vocali vale circa 60 milioni e quello della robotica collaborativa 145 milioni. "Sono spiccioli rispetto anche a quando stanno investendo gli altri Paesi europei" evidenzia.
L'Aixia, nata nel 1988 e con 1.100 membri nel libro soci tra ricercatori e aziende, promuove il dialogo sull'AI con eventi per soci, aziende e scuole, e nei mesi scorsi ha dato un contributo alla stesura del Codice etico europeo per l'intelligenza artificiale. "Abbiamo posto l'accento sulla necessità di tenere conto del contesto in cui viviamo", spiega Poccianti.
"Nessuna tecnologia è neutra, inventiamo le cose con degli obiettivi, e l'obiettivo negli ultimi tempi è fare profitto. Siamo in una società che cerca di creare benessere come effetto secondario del fare profitto. Ha funzionato in passato, ora un po' meno", sottolinea Poccianti.
"Dobbiamo cominciare a spingere il pensiero economico, sociale e della democrazia verso modelli diversi da quelli a cui siamo abituati. Una delle tecnologie che rappresenta capacità creative è il genetic programming, il genetic algorithm, che si basa sul fatto di avere una popolazione grande di soluzioni, anche sbagliate, e di farle evolvere e incrociare per produrre nuove soluzioni", racconta Poccianti. "Credo che dobbiamo imparare da ciò, perché in questo momento rischiamo di avere un pensiero unico, che è foriero di grossi problemi".
In collaborazione con:
AIxIA, Associazione Italiana per l’Intelligenza artificiale