di Diego Minuti
L'immagine granitica che, nelle settimane della campagna elettorale per l'Assemblea costituente, Ennahdha aveva saputo dare di se' comincia a mostrare le prime crepe che rischiano di allargarsi con il trascorrere del tempo. Crepe che sottolineano ancora di piu' quel che analisti e gente comune attribuiscono ad Ennahdha, cioe' una ''doppiezza'' politica che, se non emergeva in campagna elettorale (fatta sulla spinta di un programma che, gia' allora, appariva abbastanza fumoso, promettendo tutto il possibile, ma non spiegando con quali risorse), ora si sta manifestando anche in modo lacerante.
In questo panorama non sfugge la decisione che sembra prendera' Rached Gannouchi, che avrebbe deciso di ritagliarsi il ruolo di ''padre nobile'' di un movimento che, sotto la spinta di correnti contrapposte, rischia, non oggi o domani, ma in un futuro non lontano, di ridimensionarsi o, peggio, disintegrarsi.
A dare la prima e significativa spallata al ''monolite'' del movimento sono stati i suoi giovani, iscritti e sostenitori, che contestano al vertice del partito una marcata sterzata ''a destra'', cioe' un piu' deciso sostegno alla riforma dello Stato in senso confessionale. Cosa di cui, nel chiuso dell'Assemblea costituente, sembra si stia discutendo anche con toni accesi, ma che potrebbe essere anche ammorbidita dalle concessioni che i partiti rappresentativi della Tunisia riformista e laica ritengono basilari per il prosieguo di un confronto degno ditale nome.
Il nervosismo che serpeggiava da tempo nei giovani di Ennahdha ha trovato il suo detonatore nella vicenda di un controverso predicatore wahabita, l'egiziano Wajdi Ghemin, che sta incendiando le moschee tunisine con i suoi sermoni al vetriolo, in cui tutto cio' che non e' islam estremo (ma i teologi tunisini dicono che le sue tesi sono lontane dai dettami del corano) e' semplicemente da cancellare, democrazia e democratici compresi.
Le prediche di Ghenim sono state bersaglio di una durissima dichiarazione del presidente della repubblica, Moncef Marzouki, da sempre strenuo difensore dei diritti umani, che, nella foga, s'e' lasciato scappare un aggettivo (microbi, rivolto a chi ha invitato Ghemin in Tunisia) che gli ha scatenato le reazioni dei piu' integralisti tra i tunisini, giovani di Ennahdha in prima fila, che hanno accusato i vertici del partito di non avere difeso il predicatore nella sua liberta' di esprimersi.
Una polemica apparentemente solo interna al movimento, nel quale pero' i giovani hanno un ruolo da braccio armato, scendendo nelle strade e facendo da sponda politica ai loro coetanei salafiti che stanno inquinando, con minacce e atti spettacolari, la conclamata laicita' degli atenei tunisini. Il problema di fondo resta uno solo: la nuova Tunisia, dopo la rivoluzione, ha dato a tutti la possibilita' di esprimere il proprio pensiero, anche se esso e' dichiaratamente antidemocratico come slogan e striscioni issati dai salafiti, sostenitori della Sharia (legge islamica) e della Jihad (guerra santa islamica). E se i media laici criticano, sottolineano e danno l'allarme, le reazioni dei massimi esponenti di Ennahdha non sono certo concilianti. Anzi qualcuno dei maggiorenti ha sparato a palle incatenate contro il principio della liberta' che, ha detto, non puo' essere un valore assoluto, venendo dopo storia e cultura.Qualcosa di molto vicino ad un ritorno al passato, dove tutto era censura.