(di Sandra Fischetti)
ROMA - Il processo Ruby, che vede imputato a Milano Silvio Berlusconi di concussione e prostituzione minorile, puo' andare avanti. La Corte costituzionale ha tolto un macigno che rischiava di far ripartire tutto da zero, bocciando nel merito il conflitto di attribuzione che era stato sollevato dalla Camera dei deputati contro i pm di Milano e contro il gip che aveva disposto il giudizio immediato per l'allora premier. La richiesta di Montecitorio alla Consulta era, infatti, quella non solo di dichiarare che ''non spettava'' ai magistrati di Milano procedere, mentre avrebbero dovuto trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, ma soprattutto di annullare tutti gli atti compiuti, compreso il decreto con cui un anno fa il gip aveva disposto il giudizio immediato per l'ex premier.
Piu' che soddisfatta percio' la procura di Milano: ''finalmente ha prevalso la forza del diritto su quella del denaro'', commenta il professore Federico Sorrentino, che davanti alla Consulta ha sostenuto le ragioni dell'ufficio giudiziario guidato da Edmondo Bruti Liberati. Molto critico invece il coordinatore del Pdl Sandro Bondi, che vede nella sentenza la conferma che ''ci troviamo in una democrazia dimezzata''. Mentre il Pd parla di ''sentenza ineccepibile'' (Rosy Bindi), ''esito scontato (Felice Casson) e della dimostrazione che ''Berlusconi ha usato il Parlamento'' (Marilina Samperi). Secondo la Camera - che oggi alla Consulta era rappresentata dal professore Roberto Nania - dunque, i pm avrebbero dovuto subito inviare gli atti del procedimento al tribunale dei ministri: non avendolo fatto avrebbero leso le sue prerogative costituzionali, impedendole di valutare la natura ministeriale del reato di concussione contestato a Berlusconi (per la ormai famosa telefonata alla Questura di Milano in cui chiese il rilascio di Ruby, fermata per un furto, sostenendo che fosse la nipote di Mubarak), ed eventualmente di negare l'autorizzazione a procedere. Una tesi respinta dalla procura di Milano, secondo cui la legge non stabilisce che per "qualunque reato" a carico di un esponente del governo si debbano trasmettere gli atti al tribunale dei ministri e quello contestato a Berlusconi e' un reato ''comune''. Per sapere perche' i giudici costituzionali hanno bocciato le ragioni della Camera bisognera' aspettare il deposito delle motivazioni della sentenza, che potrebbero essere pronte tra venti giorni o al massimo un mese (relatore Giuseppe Tesauro).
Ma, respingendo la tesi della Camera, secondo cui sarebbe del tribunale dei ministri la ''competenza primaria'' a valutare se il reato commesso dal premier o da un altro componente del governo sia di natura ''ministeriale'' , la Consulta non potra' che dire che ''spetta'' invece all'autorita' giudiziaria ordinaria compiere questa qualificazione, come sostenuto dalla procura di Milano. E che tutto questo e' garantito dal meccanismo dei controlli che ci sono all'interno del processo penale. Seppure rapida (in due ore la Corte ha bocciato questo ricorso e un analogo conflitto sollevato dal Senato nei confronti dei magistrati di Napoli nell'ambito di un procedimento a carico dell'ex ministro Mastella), la decisione di dire no alla Camera sarebbe stata presa a maggioranza.