''Il Papa si fa globe-trotter, anche se per questo qualche volta è molto mal visto, per rispondere a una provocazione che la Chiesa ha avuto dallo Spirito Santo con il Concilio Vaticano II, per assolvere un compito nuovo: tutta la Chiesa deve comprendersi e vedersi in modo nuovo, più approfondito, in tutto il mondo e il Papa deve farsi protagonista di tale compito''. Cosi' su un aereo che il 16 ottobre 1989 lo riporta a Roma dalle isole Mauritius Giovanni Paolo II spiega perché sente come un ''dovere'' il fatto di girare il mondo.
Dovere assunto seriamente visto che in oltre ventisei anni Karol Wojtyla ha viaggiato, nel mondo e in Italia, più di ottocento giorni, percorrendo un milione e 247 mila e seicentotredici chilometri, cioè 3,24 volte la distanza tra la Terra e la Luna e più di 30 volte la lunghezza della circonferenza terrestre. Ha visitato 129 paesi diversi. Due le mete agognate e mai raggiunte: la Cina e Mosca, finora precluse anche ai suoi successori.
Duecentoquarantotto ''missioni'' fuori del Vaticano e di Castel Gandolfo, 104 all'estero e 144 in Italia. Eletto nell'ottobre del '78, Wojtyla parte per il suo primo viaggio pastorale all'estero il 25 gennaio 1979, destinazione Repubblica domenicana, Messico e Bahamas. Ultimo viaggio internazionale è quello a Lourdes del 14-15 agosto 2004.
Paolo VI, primo papa a fare un viaggio extraitaliano in epoca moderna, era stato nove volte fuori d'Italia, a partire dal suo viaggio in Terra Santa effettuato durante il Concilio Vaticano II.
La prima missione in Italia di papa Wojtyla avviene tredici giorni dopo l'elezione: il 29 ottobre del 1978 il neopapa è a Mentorella, in provincia di Roma, per visitare l'omonimo santuario e pregare la Madonna delle grazie, in un luogo che, dice in quell'occasione ai fedeli, ''mi ha aiutato a pregare durante i miei precedenti soggiorni a Roma''. Il 144mo e ultimo viaggio italiano è invece a Introd, per le vacanze montane del luglio 2004. Giovanni Paolo II ha visitato tutte le regioni della Penisola e ne ha scelto due, il Veneto e la Val d'Aosta, per le sue vacanze estive in montagna, alternandosi a Lorenzago di Cadore e a Les Combes. Con il passare degli anni all'immagine del papa ''atleta di Dio'' si è andata sostituendo quella di un Karol Wojtyla malato e sofferente, alla fine prigioniero del suo corpo e della sua fragilità fisica, che però non ha rinunciato a compiere fino in fondo la sua missione davanti a tutti i popoli della terra.
''Il Papa - ha detto Wojtyla - deve avere una geografia universale'', e ancora: ''la mia spiritualità e' un po' geografica''. E così ha scelto il viaggio come strumento di contatto da Roma nel mondo. I suoi viaggi hanno avuto sempre una connotazione pastorale, e durante ogni visita ha cercato di tracciare il senso della ''vocazione'' di una nazione nel concerto della ''famiglia dei popoli''. Tuttavia non ha mai rinunciato a incontrare governanti e diplomatici, senza timore di compromettere la sua autorità con personalità o rappresentanti di Stati che non rispettano i diritti umani: per Wojtyla un colloquio con il papa non equivaleva a una approvazione da parte della Chiesa. E pur dando importanza ai rapporti con gli Stati, Giovanni Paolo II intendeva parlare direttamente ai popoli ed entrare in rapporto con loro, anche attraverso il canale delle autorità costituite.
Indifferente alle critiche sui costi dei viaggi e sull'immagine trionfalistica di Chiesa che rischiavano di dare, con il suo ''ministero itinerante'' Wojtyla è stato presente sulle tante frontiere del cattolicesimo contemporaneo e del mondo, e il viaggio e' divenuto un mezzo per incontrare i popoli, parlare con i vescovi, dialogare con i cristiani e i non cristiani. Il Papa non ha guardato più la Chiesa solo da Roma e il consueto mondo vaticano, delle cerimonie pontefice e della amministrazione, ha ceduto il passo a scenari più lontani.
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