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Un mese dopo le stragi, ecco com'è cambiata Parigi

Un mese dopo le stragi, ecco com'è cambiata Parigi

Nella capitale tra sirene e 'israelizzazione' della quotidianità

12 dicembre 2015, 14:02

Paolo Levi

ANSACheck

Un soldato a Parigi © ANSA/AP

Un soldato a Parigi © ANSA/AP
Un soldato a Parigi © ANSA/AP

Tra le cose più angoscianti c'è l'ululato delle sirene, ormai una costante, giorno e notte. A un mese dagli attentati di venerdì 13 novembre, a Parigi la vita è cambiata. Lo stato d'emergenza decretato dal presidente Francois Hollande ha attribuito poteri speciali alle forze dell'ordine. Fermi, sequestri, perquisizioni: la capitale e il suo sconfinato hinterland sono battuti come non mai da volanti e camionette di Gendarmeria e Police Nationale. In centro negozi e attrazioni turistiche come la Tour Eiffel, il Louvre, l'Arco di Trionfo o le Galeries Lafayette vengono sorvegliati a vista dai militari con le armi spianate.

Per la prima volta da quindici anni la cattedrale di Notre-Dame, uno dei luoghi più simbolici della Ville Lumière, sull'Ile de la Cité, ha rinunciato al tradizionale albero di Natale sul sagrato. Motivo? Il timore che qualcuno potesse nascondere una bomba tra i rami. La stretta sulla sicurezza investe anche i tradizionali festeggiamenti di Capodanno sugli Champs-Elysées che verranno fortemente ridimensionati. Lentamente i parigini colpiti al cuore si abituano a convivere con la paura di nuovi assalti. Per molti sedersi ai tavolini del bar o andare a teatro è diventato un "atto di resistenza". Sui giornali c'è chi parla di "israelizzazione" della vita quotidiana. Parigi come Tel Aviv? "Se non fosse che qui è anche peggio. Lì almeno c'è più controllo", puntualizzano nella comunità degli ebrei francesi che mai come quest'anno hanno fatto le valigie per trasferirsi definitivamente in Israele. Psichiatri e psicologi alle prese con l'impennata delle consultazioni cercano di essere più razionali e ottimisti.

"Ci sono più chance di morire fulminati che in un attacco terroristico", spiega uno strizzacervelli parigino. E però gli attentati hanno modificato lo stile di vita di molti. L'angoscia è palpabile. Nei giorni scorsi, la cronaca di un giornalista di Libération che ha descritto la sua paranoia ritrovandosi sul metro al fianco di una donna completamente velata che temeva fosse pronta a farsi esplodere gli ha attirato critiche di razzismo. E però gli allarmi per pacchi sospetti nel trasporto pubblico esasperano viaggiatori e macchinisti, che ieri hanno scioperato proprio per questo. Il sindacato ristoratori parla di frequentazioni serali scese del 25-30% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (immediatamente dopo gli attentati il calo era stato del 50%). Meglio bar e brasseries. Dopo il picco post-attenti ora si è ridotto a un meno 10%. La Bonne bière, uno dei bar assaltati, ha già riaperto i battenti. Anche per teatri e sale concerti, ormai attrezzate di metal detector per rassicurare il pubblico, "l'attività riprende".

"Circa un mese dopo stimiamo che la riduzione delle vendite rispetto all'anno scorso sia del 35%", contro l'80% nei giorni successivi agli attacchi, dice Aline Renet di Prodiss, che plaude alla mobilitazione e alla voglia di vivere di spettatori e artisti. Anche Anne Hidalgo, il sindaco socialista figlia di immigrati spagnoli, cerca di infondere fiducia alla città martoriata. "Parigi riparte", ha assicurato, parlando di un aumento delle frequentazioni "nel campo del turismo", "negli alberghi, nei luoghi, nei negozi".

Anche se non ha fornito alcun dato e molti rappresentanti di categoria continuano a vedere nero. "Certo che c'è un'angoscia, e non dimenticheremo mai le vittime, ma l'attività riprende. In questa città c'è una grande capacità di resistenza", ha insistito, descrivendo una metropoli che nonostante il dramma è stata "capace di accogliere il mondo intero" per i lavori della Cop21 o per la conferenza dei mille sindaci all'Hotel de Ville. "Fluctuat Nec Mergitur", "Naviga e non affonda", è lo storico motto di Parigi, ripreso nei manifesti listati di nero del Municipio e dai writer dell'undicesimo arrondissement, quello che ha pagato il più alto tributo di sangue. Un motto inciso nella pietra anche a Roma, tra Piazza della Repubblica e l'Aula Ottagona, nel monumento che sancisce lo storico gemellaggio tra le due città, un'antica colonna romana sovrastata dal vascello simbolo di Parigi

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