"Angeli del mare" si autodefiniscono nel filmato che presenta alcuni dei loro interventi di soccorso nel Mediterraneo. E forse tali devono essere sembrati gli uomini della Guardia Costiera ai tanti migranti salvati dalla morte tra le onde: bambini, corpi in acqua, stive di carrette strapiene di esseri umani. Dal mare Egeo al Canale di Sicilia - in questo periodo di migrazione epocale che coinvolge interi popoli - sono giornate di lavoro senza sosta per le cinque unità navali impegnate nell'attività.
Il comandante della Guardia Costiera, ammiraglio Vincenzo Melone, illustra numeri e tendenze: 640mila salvati in 25 anni, la metà tra il 2014 ed il 2015, anni in cui gli sbarchi hanno avuto un'impennata che continua anche nel 2016, quando gli arrivi via mare hanno superato già quota 25mila.
"Un'attività straordinaria - ha spiegato l'ammiraglio - è diventata purtroppo ordinaria. Ogni giorno facciamo interventi con cuore e coraggio. Le chiamate di soccorso arrivano a 30-40 miglia dalla Libia, si tratta quindi di uno sforzo incredibile per i nostri uomini".
E' la Libia il porto di partenza della stragrande maggioranza delle carrette del mare che vengono poi soccorse non solo dai mezzi della Guardia Costiera, ma anche da quelli della Marina Militare, della Guardia di Finanza, delle missioni europee Frontex ed Eunavformed, nonchè dei mercantili che incrociano in zona e vengono dirottati per gli interventi di salvataggio (sono stati ben mille lo scorso anno).
Quest'anno, però, nota l'ammiraglio Melone, si registrano anche 19.34 persone giunte dall'Egitto, contro nessuna dello stesso periodo del 2015. Presto per dire che si è aperta una nuova rotta - magari favorita dal raffreddamento dei rapporti tra Roma e Il Cairo dopo il caso Regeni - ma si tratta di "un fenomeno a cui prestare attenzione: sono barconi di 20 metri con anche 300 persone a bordo e vanno monitorate perché può scapparci la tragedia".
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