/ricerca/ansait/search.shtml?tag=
Mostra meno

Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Thyssen: mamme vittime, il dolore non passa mai

Thyssen: mamme vittime, il dolore non passa mai

'Li hanno uccisi. Ora in Germania a chiedere carcere per tutti'

TORINO, 01 dicembre 2017, 18:52

Redazione ANSA

ANSACheck

I parenti dei sette operai dell 'acciaieria Thyssenkrupp di Torino morti nel rogo del dicembre del 2007 davanti alla Cassazione con gli striscioni il 23 aprile 2014 a Roma - RIPRODUZIONE RISERVATA

I parenti dei sette operai dell 'acciaieria Thyssenkrupp di Torino morti nel rogo del dicembre del 2007 davanti alla Cassazione con gli striscioni il 23 aprile 2014 a Roma - RIPRODUZIONE RISERVATA
I parenti dei sette operai dell 'acciaieria Thyssenkrupp di Torino morti nel rogo del dicembre del 2007 davanti alla Cassazione con gli striscioni il 23 aprile 2014 a Roma - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Ha urlato, ha urlato sino a che il fuoco non l'ha consumato". Sono passati dieci anni dal rogo che costò la vita a sette operai dello stabilimento torinese della ThyssenKrupp. Ed Elena, mamma di Antonio Schiavone, una delle vittime, continua a rivivere quella notte. "Sono andata a vedere dov'è morto, sono andata a vedere quel capannone. Ed è come se avessi rivissuto lo strazio. Non posso dimenticare quando, alle 4 di notte, sono arrivati i poliziotti a dirmi che mio figlio era morto. Tra le fiamme".

Seduta sul divano, la donna accarezza la foto del suo Antonio. "Ho dovuto riconoscerlo sa? L'ho riconosciuto perché sono una mamma, ma di lui non c'era più nulla. E pensare che quel giorno non avrebbe dovuto nemmeno essere di turno". Aveva chiesto un permesso per accompagnare la figlia a una festa, ma gli era stato negato. "Erano trattati come schiavi. Non avevano nemmeno il tempo di pranzare o di andare in bagno". Elena la vita di fabbrica la conosce bene. Rimasta vedova giovanissima, ha sempre lavorato in Fiat. "Lui, in confronto a me, era all'inferno. La sera tornava sempre sporco d'olio, aveva delle ferite, si faceva male. Là dentro le cose non funzionavano. Me l'hanno ammazzato, a soli 36 anni. A me, a sua moglie e ai suoi tre figli: il più piccolo, all'epoca aveva solo due mesi".

Elena non riesce a perdonare. "Saranno passati anche dieci anni, ma il dolore non passa. E nemmeno la rabbia". Fa una pausa. Poi prende forza. "I tedeschi non hanno mai fatto un giorno di carcere e agli italiani condannati concedono i permessi. I nostri figli sono morti in modo atroce e loro? Sono degli assassini". Elena si reca al cimitero ogni giorno, dove si incontra con le altre mamme. Le mamme della Thyssen.

"Quella fabbrica ci ha dato da mangiare e poi ci ha tolto tutto. Quella fabbrica è il terrore". Così la definisce Graziella Rodinò, mamma di Rosario, morto a soli 26 anni. "Mio figlio aveva la passione dei motori. Si era comperato la macchina e mi aveva detto: appena finisco di pagarla, me ne vado. L'auto l'ha pagata, ma lui se n'è andato per sempre".

Graziella non si dà pace. "Tutti mi dicono di andare avanti, ma è impossibile. Un genitore non dovrebbe mai seppellire il proprio figlio. Per me, l'unico modo per andare avanti è cercare giustizia". Quella giustizia che queste mamme non riescono a ottenere. Ora stanno pensando di organizzare un viaggio in Germania, per chiedere di mandare definitivamente in carcere gli amministratori tedeschi della società. "Non possono passarla liscia. Sono degli assassini".

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza