Il '68? "E' stato un evento straordinario, che ha investito le società capitaliste avanzate, rivelandone le contraddizioni che si erano accumulate in quegli anni di impetuoso sviluppo", dice all'ANSA Toni Negri del quale è appena arrivato in libreria il secondo volume, 'Galera ed esilio', dell'autobiografia 'Storia di un comunista' (Ponte alle Grazie), a cura di Girolamo De Michele. Nel primo volume, Negri aveva parlato del '68 e della sua esperienza. In questo parla degli anni "della repressione dell'Autonomia operaia e studentesca che negli anni '70 aveva continuato e rinnovato nelle lotte le speranze del '68 contro la riforma capitalista del modo di produzione e di vita".
"Per me - spiega - il '68 è stata la rivelazione che quanto la critica aveva sottolineato negli anni precedenti, era vero: che lo sviluppo capitalistico produceva merci ad un costo umano spropositato; che lo sviluppo capitalistico riproduceva le forme più antiche e screditate di autorità nell'organizzazione sociale - e che quindi il fascismo era sempre presente nello sviluppo capitalistico; che esisteva la forza di liberarsi da questo dominio; che cioè gli studenti, gli operai, le donne e tutti gli altri strati della popolazione che avevano, nel '68, ritrovato un'altra coscienza del loro valore produttivo nella società, potevano liberarsi dalle strutture dello sfruttamento".
Il '68, per Toni Negri - socio fondatore di Potere Operaio e poi del gruppo Autonomia Operaia, oggi uno degli animatori del collettivo internazionale EuroNomade - "è stato una grande passione che ha coinvolto interamente la società mettendo in luce l'insopportabilità del regime capitalista - non solo nelle sue caratteristiche progressive, ma soprattutto in quelle che ripetevano le modalità autoritarie dello Stato borghese e fascista. E' stato poi una grande invenzione di nuove forme di vita e la volontà di affermarle contro le vecchie forme di autorità. Per riuscire efficacemente in questo scontro tra il nuovo e il vecchio, occorreva toccare le strutture della produzione, anche questo il '68 ha insegnato: che non esiste possibilità di modificare la vita se non si trasformano le strutture della produzione, e che tali strutture non possono essere modificate se non si modifica il regime politico che permette alla produzione di essere dominata dal capitale. Questa presa di coscienza è stata fondamentale ed ha modificato per l'avvenire i soggetti che hanno vissuto il '68".
"Il mondo è cambiato ma il capitale ha vinto sul cambiamento", dice Negri. E, dunque, non è rimasto nulla di quello che il '68 aveva creato? "No, è rimasto molto, e cioè l'insofferenza generalizzata, la stanchezza e la malinconia quando si ripensa al '68 e la certezza che se un evento del genere si ripresentasse, questa volta del capitalismo e della sua società non resterebbe più niente - perché tutti ne hanno abbastanza di questo mondo che ha tradito ogni speranza" sottolinea.
"Dopo il '68 - aggiunge - le forme di vita e della produzione sono state modificate radicalmente dal capitalismo, che ha capito che il '68 era cosa pericolosa per la sua esistenza. Questo cinquantennio è stato doloroso per coloro che avevano sperato nel '68 che il mondo cambiasse".
In 'Galera ed esilio', Negri mostra "anche come dal carcere e dall'esilio, una generazione (quella che non è morta nella miseria italiana degli anni '80 e '90) abbia ricostruito una speranza di lotta e di vita. Paradossalmente vincendo la scommessa, fatta nel '68, di resistere al capitalismo e di continuare nella lotta che oggi tutti sentono come necessaria, contro la corruzione, la stupidità e, spesso, la bestialità di questo regime economico e politico".
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