I "patron" degli oltre 200.000 bistrot di Francia - chiusi dal 17 marzo a tempo indeterminato per l'epidemia di Coronavirus - lanciano il grido d'allarme: senza un piano di salvataggio mirato del governo, nel settore sarà "un'ecatombe". E per 40.000 esercizi la prospettiva è di non ripartire più. Sono chiusi al 95% tutti i 210.000 ristoranti, brasserie, caffè e bistrot di Francia. Restano infatti aperti - soltanto per la preparazione di piatti da asporto - solo la piccola minoranza che si è organizzata per questa attività. Anche per questi ultimi, il guadagno è attorno al 10% delle entrate normali. Nel discorso di Pasquetta in cui il presidente Emmamnuel Macron ha annunciato la data dell'11 maggio per cominciare a riaprire le attività del paese, tutto il settore è stato relegato nel campo di quelli "senza orizzonte certo": i locali pubblici i resteranno chiusi "almeno fino a metà luglio", ha detto il presidente. Poi, si vedrà. "Quel discorso - ha detto a Le Parisien lo chef Michel Sarran, uno dei più noti in Francia - non ci ha dato alcuna speranza, soltanto preoccupazioni. Il nostro settore, compresi gli hotel, rappresenta il 7% del Pil nazionale, la Francia è la prima destinazione turistica mondiale. Eppure ci sentiamo abbandonati". I rappresentanti della categoria sono stati convocati al ministero dell'Economia per un primo punto della situazione e per capire quali sono i contorni del piano d'emergenza e di rilancio del settore che il governo ha detto di aver e in mente. Ma soprattutto per chiedere, come gli altri francesi, da quando si potrà ricominciare: "psicologicamente - dice un altro chef, Christophe Marguin - abbiamo bisogno di una data di ripresa per motivare il personale".
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