Alla vigilia dell'inizio del mese di digiuno islamico del Radaman, i due milioni di palestinesi di Gaza vivono in una situazione contraddittoria per via del coronavirus. Da un lato, con loro notevole disappunto, vedono che da settimane gli istituti scolastici, i campus universitari e le moschee hanno porte sbarrate. Decisione, quest'ultima, inappellabile visto che anche la Moschea al-Aqsa di Gerusalemme è tenuta deserta, per motivi sanitari. Un Ramadan, dunque, piuttosto melanconico.
Eppure a Gaza il coronavirus, almeno per ora, non dilaga affatto. Finora si sono avuti 14 casi positivi, e di questi sei malati sono già guariti. Le attività commerciali non si sono arrestate e anzi proprio in questi giorni - in vista dei cospicui acquisti familiari del Ramadan - sono stati aperti al pubblico due sfarzosi centri commerciali: lo Hyper Mall, a Nusseirat, e il Taj Mall, a Gaza City. Anche se le autorità consigliano di restare di questi tempi il più possibile in casa, la curiosità ha prevalso ed in migliaia si sono affrettati a visitare quegli spazi eleganti, che offrono agli avventori non solo prodotti alimentari di prima scelta ma anche ampi parcheggi, Wi-Fi e aria condizionata. Per superare le incertezze di clienti forse ancora preoccupati da contagi, agli ingressi sono state predisposte postazioni con bottigliette di gel disinfettante. I dipendenti indossano mascherine protettive e i carrelli sono disinfettati in continuazione. Dal soffitto pendono intanto addobbi tradizionali del Ramadan: perché la lotta alla epidemia ha la sua importanza, ma non tale dal far dimenticare la solennità religiosa.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA