In questo Ramadan all'insegna del coronavirus, Gaza avverte in particolare la mancanza della 'shisha', il narghilè che spopola nei caffè locali. Anche se finora a Gaza si sono avuti solo 20 casi di coronavirus (14 dei quali guariti) il ministero della sanità è stato inflessibile e ha vietato ai gestori di caffè di offrire la 'shisha' agli avventori. Ciò malgrado diano bocchini nuovi ad ogni cliente e gettino il tubicino di plastica dopo ogni uso. Adesso viene così scartata la opzione di entrare in un caffè la sera, al termine del digiuno quotidiano. "Sedersi ad un tavolo ma senza fumare non è certo la stessa cosa" sentenziano gli avventori.
Un narghilè è offerto al modico prezzo di 10 shekel, due euro e mezzo, e consente di fumare per un'ora e mezzo. E' una abitudine di tipo sociale perchè la 'shisha' accompagna al meglio le chiacchiere con gli amici. Circa la miscela del tabacco ci sono opinioni diverse: c'è chi opta per il gusto del cocomero, altri sono per la menta o la fragola, anche se di norma Gaza preferisce il tabacco egiziano al sapore di mela. Attorno ai narghilè, in passato, si è anche avuto un braccio di ferro fra la popolazione e i vertici di Hamas, infastiditi alla vista di donne intente a fumare in pubblico. Alla fine hanno prevalso queste ultime. Per ora questo appartiene comunque al passato. L'opzione di un narghilè casalingo non risulta poi pratica per la sua laboriosa manutenzione e per il rischio che i carboni provochino incendi.
Al termine del digiuno quotidiano agli abitanti di Gaza non resta che consolarsi aprendo un altro pacchetto di sigarette, aspettando che il pericolo della pandemia sia dichiarato superato. Allora si potrà godere di nuovo di una fumata di 'shisha' in compagnia.
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