La consegna di beni alimentari attraverso le "ceste basiche" in Brasile è necessaria per ridurre gli effetti dell'emergenza causata dal coronavirus tra i meno abbienti. Ma la distribuzione di cibo finisce per provocare un effetto collaterale indesiderato sul commercio nelle periferie e nelle favelas: il crollo delle vendite, già travolte dalla crisi.
L'equazione è semplice, fa notare il portale di notizie Uol: quando riceve l'aiuto, il residente beneficiato smette di rifornirsi localmente e quindi il commercio viene interrotto.
Davanti a questa situazione, la Centrale unica delle favelas (Cufa) ha creato il progetto 'Ceste digitali', un modo per aiutare allo stesso tempo i residenti e i commercianti delle baraccopoli. L'idea è di chiedere una donazione di denaro, invece di ceste fisiche.
Dall'inizio della pandemia, l'ong stima di aver ricevuto e donato 700 tonnellate di cibo. "Chiunque riceve ovviamente smette di acquistare. Le ceste digitali sono un trasferimento di reddito, di denaro, in modo che le persone contemplate possano fare scorta nella favela stessa", ha spiegato Celso Athayde, creatore di Cufa.
"Lo sviluppo economico della favela deve essere preservato.
Le migliaia di commercianti alla base della piramide comunitaria non possono fallire, altrimenti potremmo persino avere uno sconvolgimento sociale", ha sottolineato Athayde.
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