La seconda ondata di coronavirus in Israele ha colpito duramente anche l'esercito, istituzione simbolo e di difesa del Paese. Ad oggi sono circa 10mila - un record - i soldati e gli impiegati civili al lavoro nelle basi militari messi in quarantena nel dubbio che possano aver contratto l'infezione. A cominciare dal capo di stato maggiore Aviv Kochavi, entrato oggi in auto isolamento insieme ad altri alti ufficiali dopo essere venuto in contatto con un portatore del virus. L'esercito ha precisato che Kochavi sta bene e che non ha sintomi, ma il fatto ben rappresenta la situazione epidemica in atto. Ad oggi, secondo dati riferiti dai media, sono circa 350 i casi confermati di Covid 19 tra i militari: due volte il numero di quelli contati durante la prima ondata dell'epidemia. Molti di questi hanno sintomi leggeri o del tutto asintomatici e l'esercito ha assicurato che in gran parte continuano ad operare anche se separati dagli altri e sotto stretto controllo medico. Anche quelli che appartengono ad unità combattenti - parte determinante dell'esercito - che si sentono abbastanza bene per continuare ad operare sono rimasti in servizio ma ovviamente il contatto con i compagni è del tutto escluso. Secondo alcuni media, l'esercito ha messo in atto la pratica di non sottoporre ad un secondo test i positivi al termine del loro periodo di quarantena ma ha esteso l'isolamento portandolo da 14 a 30 giorni in mancanza di sintomi. E, nonostante l'aumento del numero dei casi, non ha ancora fatto la scelta di reintrodurre un lockdown totale delle basi come invece fu stabilito durante la prima ondata dell'infezione. Tuttavia il distanziamento nelle basi è osservato scrupolosamente e - ha riferito Ynet - le licenze sono concesse una volta ogni tre settimane per chi è in servizio in un'unità combattente.
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