Da mesi 17 mila stanze di hotel attendono a Gerusalemme il ritorno stranieri e di pellegrini. Per aiutare il ramo il governo cerca di stimolare il turismo locale. Intanto a Gerusalemme est è stato individuato un filone inesplorato: quello dei manovali palestinesi.
Con la chiusura della Cisgiordania per il coronavirus, quanti di loro lavorano nelle aree industriali di Gerusalemme non possono tornare a casa, per giorni o anche per settimane. Adesso nella Città Vecchia ostelli ed alberghi offrono loro stanze a prezzi stracciati. Bastano 60 shekel (15 euro) per passare la notte in una stanza confortevole, spartita con altri ospiti.
"Meglio che pernottare in cantiere" hanno detto alcuni di essi al sito Zman Israel. Una singola da 100 dollari è offerta a 100 shekel (25 euro). Per i gestori è preferibile alla vista dei locali deserti. I manovali palestinesi sono ora benvenuti anche in alberghi nel lato ebraico della città, dove rappresentano una realtà inedita.
Il crollo del turismo straniero ha piegato anche Eilat(Mar Rosso). Secondo il sindaco Meir Yitzhak ha-Levy "un'altra chiusura sarebbe per noi micidiale". Ma Eilat non si arrende.
"Vogliamo che il governo ci trasformi in un laboratorio nella lotta al coronavirus" ha detto il sindaco. Ha chiesto così di sperimentare per primo in Israele tecnologie in fase di sviluppo nell'intento di consegnare "in 45 minuti" i risultati dei test di coronavirus. Eilat vuole anche specializzarsi nelle indagini epidemiologiche e mettere a punto una app che aiuti ad evitare luoghi affollati.
Anche Nazareth (Galilea) rientra fra le vittime eccellenti del crollo del turismo straniero. Con la chiusura di alberghi, ristoranti e parte del commercio, ha detto il sindaco Ali Salam in parlamento, la disoccupazione è passata dal 3 al 44 per cento. Come boccata di ossigeno vorrebbe avvalersi del turismo locale. Ma a Nazareth gli israeliani trascorrono poche ore e pernottano solo di rado.
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