La lotta al coronavirus sta acuendo i contrasti all'interno del Likud, il partito del premier Benyamin Netanyahu, e anche nella stessa base sociale della maggiore forza di destra del Paese. Lo dimostrano alcuni recenti episodi, a cominciare dall'ultimo scontro - relativo ai provvedimenti economici per fronteggiare la crisi da malattia - tra il ministro delle finanze Yisrael Katz e il presidente della coalizione di governo Miki Zohar, considerato molto vicino allo stesso Netanyahu.
Il dissidio - ripreso con evidenza dai quotidiani - ha visto Zohar attaccare il ministro per essersi opposto alla riapertura delle sale da eventi come misura di protezione dai crescenti picchi di infezione. La risposta non si è fatta attendere: Katz ha apertamente accusato Zohar di interesse "personale", visto che un suo cugino è titolare di una delle sale in questione. Una denuncia grave alla quale Zohar ha controreplicato di "rimpiangere che un ministro del Likud sia del tutto scollegato dal popolo". Sottolineatura che nel Likud - partito che della lotta al radical chic, marchio affibbiato ai laburisti, ha fatto una bandiera - significa solo richiesta di dimissioni. E subito avanzata da Zohar. E che dire della deputata del Likud Yifat Shasha-Biton, presidente della Commissione coronavirus della Knesset, che nello spazio di una settimana ha rovesciato per ben due volte la posizione del governo di Netanyahu deciso a chiudere spiagge, palestre, piscine e ristoranti.
Un ostacolo parlamentare - hanno riferito i media - che il governo vuole rimuovere passando quindi la titolarità della lotta alla malattia ad altra Commissione. A sentire gli analisti, infine, nelle sempre più frequenti manifestazioni anti governo - i disoccupati hanno toccato il record di circa 800mila unità - non ci sarebbero solo chi è da sempre contro il premier ma oramai anche fasce sociali produttive che, causa crisi, sentono scricchiolare la loro tradizionale rappresentanza politica incarnata dal Likud.
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