Tadej Pogacar è il volto nuovo del ciclismo mondiale e, da ora, siede allo stesso tavolo dei corridori che hanno reso grande questa disciplina fatta di dolore, tormenti e, soprattutto, fatica. Lo sloveno, che il 21 settembre compie 22 anni, oltre a essere il secondo vincitore più giovane delle 107 edizioni del Tour de France (il più giovane ad arrivare in giallo a Parigi), è stato l'atleta che ha costruito l'impresa sportiva più entusiasmante degli ultimi anni, rovesciando la classifica generale nella cronometro di ieri a La Plance des Belles Filles. Il corridore della UAE Emirates ha vinto il Tour ai tempi dei Coronavirus, che si è concluso con la consueta passerella oggi a Parigi, con classe, tenacia e forza, dimostrando di essere un campione con la C maiuscola. Pogacar è riuscito a cucirci addosso la maglia gialla senza l'appoggio del team (chi continua a sostenere che il ciclismo sia diventato uno sport di squadra è servito), spodestando dal trono un altro giovane di belle speranze come il colombiano Egan Bernal, le cui ambizioni sono evaporate man mano che le tappe si succedevano e le scorie della fatica diventavano insostenibili. Pogacar ha avuto il merito, come lo ebbe Vincenzo Nibali nel 2014, di interrompere il dominio della britannica Ineos che, prima con il nome di Team Sky, aveva messo assieme i successi del 2012 (Bradley Wiggins), 2013, 2015, 2016, 2017 (Chris Froome), 2018 (Geraint Thomas) e 2019 (Egan Bernal); quest'anno, invece, se ne torna a casa a mani vuote e senza alcuna maglia, dopo che Carapaz ieri si è vista sfilare quella a pois.
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