Avete fatto caso che negli ultimi tempi c'è un’espressione, un tipico trasferimento dall'inglese, che ha invaso il nostro discorso pubblico, i giornali, i talk show, la pubblicità? È l’uso, di derivazione soprattutto americana, delle parole 'ispirare' e 'ispirazione'. Un termine che, nel significato cui eravamo abituati, era quasi tramontato, messo anzi pesantemente in discussione: qualcuno ha parlato dichiaratamente di falso mito dell'ispirazione. Eppure da un po' di tempo sembra che tutto 'ispiri', sia fonte di ispirazione, da figure istituzionali come il presidente Mattarella a Bebe Vio fino ad un’automobile come si vede, e si sente, in uno spot recente il cui pay off è: Movement that inspires.
Anche il movimento dunque – quella particolare forma di movimento che è la sintesi di energia, tecnologia ed estetica di un'automobile – può essere fonte di ispirazione? E in che senso? Da sempre, o meglio da qualche secolo, più o meno dal Rinascimento in poi, pensiamo all’ispirazione come a qualcosa di inspiegabile, subitaneo, romantico, tendenzialmente irrazionale, impossibile da regolamentare. E per questo l’ispirazione è strettamente legata alla creazione artistica, vista come qualcosa di geniale, fulminante. Irriducibile e dunque slegata dalla concretezza della quotidianità. Molto dipende dall’origine della parola, che ne ha, almeno fino ad un certo punto, segnato la strada. È un'origine dichiaratamente religiosa, che ha a che fare con l'irruzione del divino cioè con quanto di più irrazionale e inspiegabile ci sia. L'etimologia è nel tardo latino inspiratio e si parla di ispirazione come fondamento dei testi della Bibbia, quindi della rivelazione di Dio all’uomo attraverso la parola. Qui i testi che sono considerati ispirati sono quelli sacri, quelli cioè in cui è riposta la parola di Dio. È qui che si parla di profeti ispirati da Dio e di ispirazione dell’Onnipotente che fa l’uomo intelligente. La parola latina è composta da 'in' che vuol dire dentro o sopra (e Dio sta certamente sopra gli uomini e al tempo stesso è in grado di far entrare qualcosa negli uomini) e 'spirare' che significa soffiare. Il risultato è qualcosa come 'infondere'. E infatti nel dizionario Treccani il primo significato è quello dell’intervento di uno spirito divino che determina la volontà dell’uomo con una azione ovviamente soprannaturale. Siamo fuori da qualunque logica, da qualunque prassi, dal benché minimo protocollo.
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L’espressione era dunque bell'è pronta per essere ereditata dall'uomo per spiegare, senza in realtà spiegarle, le meraviglie della creazione artistica, da quelle letterarie a quelle musicali e pittoriche. Da qui anche modi di dire del linguaggio comune come 'mi è venuta l’ispirazione', 'ho avuto l’ispirazione di…' come a dire: 'non so come sia successo ma all’improvviso ho avuto l’idea di fare questo o quello'.
Ma, a parte la critica tipicamente novecentesca anche nel campo della creazione artistica a questa ingenua e romantica visione dell’atto creativo, cui si contrappone – per chi non crede al falso mito dell'ispirazione – l'idea della costanza, del lavoro quotidiano, della ricerca (che vale proprio come vale per l’allenamento dei muscoli o il dimagrimento), la progressiva secolarizzazione, cioè l’allontanamento e la liberazione da schemi e modi di pensare tipicamente religiosi, ha prodotto un risultato che è ben sintetizzato in un celebre dialogo del film 'Invictus' di Clint Eastwood, in cui Nelson Mandela, interpretato da Morgan Freeman, parla al capitano della squadra di rugby del Sudafrica liberato dall’apartheid per spiegargli il significato simbolico di una eventuale vittoria della squadra: 'dove trovare l’ispirazione per un’impresa simile?, si chiede Freeman-Mandela. E la risposta è: 'nel lavoro di altri', magari in una poesia o nell’esempio di qualcuno che ce l’ha fatta pur non sembrando particolarmente migliore di noi e certamente senza essere un Dio. Il passaggio successivo, per cui tutto, un'auto, un ragazzo che diventa campione di videogiochi come Hans Sama, un atleta paralimpico o la persona che abbiamo vicino a noi, può essere fonte di ispirazione, è naturale e immediato. Prima di Invictus l’ha cantato in una struggente dichiarazione d’amore Robert Plant alla moglie in un celebre brano dei Led Zeppelin che si intitola, semplicemente e non a caso, 'Thank You’
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