Passata la sbornia di Tokyo 2020, quelle cinque medaglie d'oro che sarà forse impossibile ripetere, l'atletica italiana è tornata alla propria normalità. Che, come testimoniano i Mondiali di Oregon 2022 appena conclusisi a Eugene, non vuol dire mediocrità. Con Marcell Jacobs quasi sempre infortunato e 'Gimbo' Tamberi alle prese anche lui con malanni vari e in fase di 'divorzio' dal padre-allenatore, era forse difficile attendersi di più, anche se qualcuno si era illuso in un miracolo da parte dello sprinter azzurro. Non è stato così, e verranno tempi migliori, magari già a partire dagli Europei di Monaco (15-21 agosto) in cui proprio l'olimpionico dei 100 spera di riscattarsi, intanto il presidente della Fidal Stefano Mei, esprimendo soddisfazione per i risultati di Eugene, ha sottolineato che "questo Mondiale ci dice che la base degli atleti italiani di alto livello si sta allargando: l'emergere di talenti che lo scorso anno erano più indietro è sintomatica di un'età dell'oro che dà questi frutti, anche per l'effetto emulazione di Tokyo".
Pensa positivo anche il dt della squadra azzurra Antonio La Torre: "Eugene era un passaggio difficile e non dobbiamo nasconderci gli errori fatti e imparare da questi. Però mi soddisfa che in un anno difficile per le nostre punte, sia emersa la consistenza del nostro patrimonio post-Tokyo. C'è un 'telaio' che può arrivare fino all'Olimpiade del 2028". Il bottino azzurro è stato di un oro, quello di Stano nella marcia, uno dei pochi campioni olimpici (nel suo caso su una distanza diversa) capaci di ripetersi a un anno di distanza, e il bronzo di Elena Vallortigara nell'alto donne, giusto premio per un'atleta che ha avuto il merito di non mollare mai anche quando la malasorte sembrava accanirsi su di lei.
Va anche detto che l'oro di Stano riporta il tricolore sul gradino più alto del podio dopo un'attesa durata 19 anni (l'ultimo a riuscirci fu Giuseppe Gibilisco nell'asta, a Parigi 2003), e rimette la squadra maschile nel medagliere di un Mondiale a 13 anni da Berlino 2009 (la medaglia 'postuma' di Giorgio Rubino nei 20km di marcia). E, in generale, sempre da 13 anni non si riusciva ad ottenere più di un podio nella stessa edizione. Anche in termini di punti e finalisti, il risultato di Oregon '22 è da sottolineare. Il raccolto complessivo è di 39 punti (12/o posto nella speciale classifica che assegna 8 punti al primo classificato di ogni gara e un punto all'ottavo), il miglior risultato dal 2003 a questa parte. Dieci finalisti, questa volta divisi in maniera equa tra uomini e donne, e tre quarti posti (Fantini nel martello, Tamberi nell'alto, Dallavalle nel triplo) sono le certezze a cui aggrapparsi. I dieci finalisti, come a Parigi 2003, riportano la squadra italiana in doppia cifra ai Mondiali dopo un'attesa durata 9 edizioni. Nel medagliere dominato dagli Usa, l'Italia è 19/a, alla pari con la Germania. In termini più tecnici, ed uscendo dal computo numerico, è significativo il raffronto tra i finalisti dei Giochi di Tokyo e quelli del Mondiale americano. Furono dieci anche lo scorso anno, ma solo in due (Tamberi e Stano) sono stati capaci di confermarsi tra i primi otto a dodici mesi di distanza.
Questo a testimoniare la crescita di atleti che in Giappone non erano stati protagonisti, a fronte delle numerose assenze nella prima fila azzurra. Dei dieci finalisti di Tokyo, infatti, ben cinque non sono stati in grado di presentarsi a Eugene: Antonella Palmisano, Nadia Battocletti, Zane Weir, Alessandro Sibilio, Filippo Randazzo. Quest'anno la delusione maggiore è stata la staffetta 4X100, ma nel momento in cui Jacobs ha dovuto rinunciare si era già capito che non ci sarebbe stata gloria. Ha mancato l'ingresso in finale nel lungo donne Larissa Iapichino, sulla quale c'è forse troppa pressione (e altrettante aspettative), ma l'età è dalla sua parte.
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