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In evidenza
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L'Italia darà piena collaborazione, fino all'ultimo, all'India per la buona riuscita del G20. Giorgia Meloni lo aveva promesso a Narendra Modi nel bilaterale del 2 marzo, e successivamente ha lavorato in questa direzione con tutti i partner internazionali, in primis gli Stati Uniti. Sei mesi dopo, la premier è tornata a New Delhi con la consapevolezza che non sarà facile concludere il vertice di domani e domenica con una dichiarazione finale condivisa. Il mancato invito all'Ucraina e le annunciate assenze di Vladimir Putin e Xi Jinping hanno fatto intendere alle cancellerie che serve un'impresa di diplomazia. Mentre un risultato che si profila, salvo veti dell'ultim'ora, è l'adesione permanente al G20 (stesso status dell'Ue) dell'Unione africana, finora solo "organizzazione internazionale invitata".
I leader troveranno uno scenario diverso dal consueto caos nelle strade di Delhi. Le principali arterie sono tirate a lucido, molti uffici rimarranno chiusi nel fine settimana, in quello che in città chiamano lockdown da G20.
Nulla cambia, per ora, nello scenario geopolitico, frammentato e incerto alla vigilia del vertice. Non proprio, insomma, secondo il motto in sanscrito scelto da Modi per il summit, "vasudhaiva kutumbakam", il mondo è una famiglia. Clima, energia, sicurezza alimentare, empowerment' femminile, salute, intelligenza artificiale, digitalizzazione, fra i temi dell'agenda, oltre alla questione migratoria (con l'impegno ad affrontarla anche sotto la presidenza brasiliana nel 2024) e a quello centrale del conflitto in Ucraina.
Meloni interverrà domani e domenica in due delle tre sessioni, una su clima, energia, ambiente e sviluppo sostenibile, l'altra su transizione digitale, riforma delle istituzioni multilaterali e intelligenza artificiale. Fra i bilaterali a cui si lavora, anche quello con il primo ministro cinese Li Qiang, nuovo passo verso la sua visita a Pechino. La premier, alle prese in Italia con le strettoie della manovra, incrocerà anche Ursula von der Leyen. E prima del ritorno in Italia farà tappa in Qatar. In vista di questo G20, Meloni a marzo auspicava che Modi potesse "facilitare un percorso verso la cessazione delle ostilità e una pace giusta".
Nel primo ministro indiano Meloni vede un leader in grado di rappresentare gli interessi del Sud globale, che non può più essere considerato dall'occidente il resto del mondo, perché il Brics allargato a 11 nazioni rappresenterà il 46% della popolazione e un terzo del Pil planetari. Quella leadership ora è contesa fra New Delhi e Pechino, nel momento di massima tensione fra i due Paesi per le dispute ai confini, nella regione del Ladakh. Anche per questo l'esito del G20 (al di là dei riflessi interni, in India si vota nel 2024) ha un valore quasi cruciale. C'è in gioco il futuro del G20, bisogna evitare che diventi vittima collaterale della guerra in Ucraina, sottolineano fonti diplomatiche italiane: con i suoi limiti, è l'unica sede di confronto con India, Brasile e Cina sui grandi temi dell'agenda globale. Inclusa l'aggressione a Kiev. I Paesi G7, spiegano le stesse fonti, sono pronti a lavorare sul linguaggio della dichiarazione finale del G20 di Bali dell'anno scorso (all'epoca fu usato il termine "guerra" contro il volere di Russia e Cina, con la "condanna" da parte della "maggioranza dei membri"), ma senza alterarne la sostanza.
Oggi come allora Mosca si oppone, e Pechino mantiene un atteggiamento ambiguo. Leader nazionalista indù, figura carismatica dai tratti mistici, Modi sostiene il multiallineamento in politica estera, che si traduce in equidistanza da Usa e Russia. Dietro la sua scelta di non invitare l'Ucraina si può leggere la volontà di non rendere la dichiarazione finale ostaggio di un negoziato sul linguaggio geopolitico.
La sua soluzione per evitare il flop, secondo i media indiani, potrebbe essere di non cambiare il giudizio sulla "guerra", adottando però una formula che tenga anche in considerazione le ragioni di Russia e Cina. Differenze di opinioni non mancano anche sulla riforma dell'architettura finanziaria internazionale (Banca mondiale, Fmi e Banche multilaterali di sviluppo). Su questo dossier spingerà Joe Biden. Per l'Italia vanno concentrate le risorse a dono sulle nazioni più povere e in particolare in Africa, allocando in maniera più efficace le risorse già disponibili.
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