Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.
Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.
In evidenza
In evidenza
Dolore: può sembrare una parola poco adatta alla settimana in cui la canzone italiana fa festa (o si fa la festa alla canzone italiana: tutte le battute e i cattivi pensieri sono consentiti in questo caso) eppure proprio il festival di Sanremo, dopo alcuni casi di cronaca nazionale e la riflessione, feroce, sbrigativa o dolente a seconda dei casi, sulla situazione internazionale, ha riportato in primo piano, fra le molte altre cose, la parola e il tema del dolore.
La parola era comparsa, accanto a rispetto, in uno striscione esposto, contro i media, vicino alla casa della ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano morta suicida dopo che aveva risposto ad una recensione di un cliente che si lamentava della presenza di omosessuali e disabili nel suo locala, rivelatasi poi falsa. Poche ore dopo, Roberto Baggio aveva ricordato Gigi Riva accostando le parole amore e dolore per sottolineare che erano proprio quelle che li univano. E dopo qualche giorno ad un uomo che aveva soffocato la moglie con un cuscino uccidendola i giudici hanno riconosciuto l’attenuante del ‘dolore’ della donna, per mettere fine al quale l’uomo si era deciso al gesto omicida.
Poi è arrivato Sanremo: frullatore, calderone, contenitore bulimico di qualsiasi cosa oltre ad una musica più o meno discutibile a secondo dei punti divista e dei gusti: e hanno parlato Giovanni Allevi, tornato a suonare il pianoforte dopo due anni e una malattia aggressiva come il mieloma, e Daniela Di Maggio, madre di Giogiò Cutolo, il giovane musicista ucciso a Napoli in una lite. E di nuovo, grazie anche alla potenza della epifania del dolore nelle due diverse scelte fatte da Allevi e Di Maggio per parlarne in pubblico (un’epifania che non è sembrata mai una esibizione gratuita, piuttosto un appello: a trovare doni e gioia anche nel dolore, a non dimenticare e a trasformarsi per evitare il ripetersi di episodi che non possono essere liquidati come fatalità. Senza contare le parole, i testi, l’esibizione di BigMama, un esempio di dolore superato (forse) e comunque riconvertito in creazione artistica e affermazione.
Cosa è esattamente il dolore? Ci sono, come si dice un po’ retoricamente in questi casi, intere biblioteche sul tema. E l’estensione di queste biblioteche dipende innanzitutto da due elementi: il dolore è al tempo stesso una esperienza individuale e universale ma soprattutto attraversa regioni diverse. Quello che sappiamo con certezza è che c’è una componente fisica del dolore e quindi una fisiologia del dolore: è stato un premio Nobel, sir Charles Sherrington, medico, neurofisiologo, patologo e poeta, a introdurre un termine e sviluppare un concetto, quello della nocicezione. I nocicettori non sono altro che i recettori del dolore. Il quale è un campanello d’allarme suonato dal nostro organismo per cercare di porre rimedio a situazioni patologiche di varia natura: l’infarto miocardico, un trauma, una colica, il cosiddetto mal di testa e tanti altri. Il dolore, come è stato scritto, ci segnala un pericolo e ci spinge a cercare aiuto.
In sostanza siamo in presenza di una comunicazione, dall’esterno all’interno, dal corpo alla mente. E non è un caso che il dolore fisico non sia l’unico: c’è un doppio registro, fisico e morale che in alcuni casi, sempre più frequenti, si intreccia e che viene studiato da quella che si chiama psicosomatica (e che ebbe la sua prima formulazione grazie ad un filosofo, non proprio uno qualunque ma uno dei più grandi, uno dei padri fondatori della modernità, Baruch Spinoza, che nella sua Etica parla del dolore della malinconia). Fisico o mentale dunque?
Stavolta l’etimologia, che non è mai tutto, ci corre in aiuto e anzi arricchisce il ragionamento: la radice indoeuropea della parola dolore è dar- o dal- che rimanda all’idea di incidere, tagliare, spezzare, fendere. In greco dero sta per scorticare e dolare in latino è tagliare con l’accetta. D’altra parte la sensazione di essere trafitti da qualcosa quando proviamo dolore è difficile da verbalizzare, forse perché, come hanno cantato gli Eurythmics, nessuno ci aveva detto che avremmo dovuto provare qualcosa del genere.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA
Ultima ora