Da quel delitto a restare ferita non fu solo la Storia. Ma un'intera famiglia nelle generazioni a venire. Una famiglia che ha imparato poi a portare un'eredità pesante e potente, l'eredità di chi non ha paura ad esporsi.
Elena Matteotti, 67 anni, docente di italiano agli stranieri, questo 25 aprile e poi, ancora di più, nel fatidico 10 giugno, ben 100 anni dopo il delitto del nonno Giacomo, sarà a Fratta Polesine, la culla dei Matteotti.
Le polemiche sul 25 aprile, sull'intervento mancato in tv dello scrittore Antonio Scurati, che dal delitto Matteotti prendeva le mosse per celebrare poi la Liberazione, sono occasione per la nipote del deputato socialista assassinato dalla violenza fascista per fare un appello.
"Chiedo al governo ma anche a tutte le altre forze politiche un messaggio chiaro per il 25 aprile - dice Elena - un messaggio contro ogni rigurgito di sopraffazione e a favore della tolleranza e della libertà di espressione. Ma questo messaggio non deve partire solo dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni, deve essere accolto da tutti i partiti. Il fascismo che uccise mio nonno ora non c'è ma bisogna sempre essere vigili". Un messaggio che Elena riassume in quattro parole: "il coraggio di esporsi", come fece Giacomo Matteotti a costo della vita.
Eppure quel delitto per gran parte della vita di Elena e della sorella Laura fu un tabù più che una memoria familiare.
"Mio padre Matteo non ne ha mai parlato in famiglia - dice - credo abbia taciuto per proteggerci da una violenza che neanche lui alla fine aveva ben elaborato. Del resto quando mio nonno morì mio padre aveva solo tre anni. La prima volta che compresi che mio nonno era morto in maniera violenta avrò avuto circa tre anni: era ad una celebrazione il 10 giugno sul Lungotevere, c'erano Pertini e Saragat, io li chiamavo 'nonno', quel nonno che non avevo avuto. Ma nessuno mi spiegò mai chi lo aveva ucciso e come". Elena lo capì a scuola, appena adolescente, come e perché Giacomo Matteotti era stato ammazzato
"Ho vissuto una parte della mia vita senza il perché di questo passato importante e deflagrante - dice - non ne parlavo con i miei genitori e neanche con mia sorella. Ora però sto recuperando questa memoria, è un viaggio complicato ma voglio anche trasmetterla alle nuove generazioni. Con i miei figli e i miei nipoti, uno di nome Giacomo, ci siamo confrontati. Per questo il 25 aprile e il 10 giugno sarò a Fratta Polesine". Nel comune, in provincia di Rovigo, si trova la casa-museo nell'abitazione in via Ruga in cui il deputato socialista trascorse gran parte della sua vita insieme alla famiglia: ora è chiusa per essere riallestita e riaprirà a giugno in tempo per le celebrazioni del centenario.
"Ci saranno molte iniziative per il 10 giugno anche col Capo dello Stato, anche lui duramente colpito in famiglia dalla violenza, e credo che l'unica maniera per potere omaggiare la memoria di mio nonno sia quella di esporsi - spiega Elena - mettere la propria faccia per difendere la democrazia e la libertà, mettersi in prima fila per difendere i valori della Liberazione. Il fascismo non c'è ma la storia ci ha insegnato a vigilare".
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