A fine giornata, sulla terrazza di un famoso albergo romano, con una Villa Borghese bagnata da una luce estiva alle spalle, a salutare i cronisti è una Ursula von der Leyen rilassata e sorridente. Eppure quella nella Capitale è stata la tappa più difficile del suo tour per le Europee. La presidente della Commissione Ue, da quando domenica sera è atterrata a Roma per incontrare FI e affiancarla nello start della campagna elettorale, ha dovuto fare i conti con un'agenda rimasta incerta fino all'ultimo e con una serie di incontri ristretti e lontani dai riflettori, certamente non in linea con quanto avvenuto finora in altri Paesi europei. Roma è una città chiave nella corsa di von der Leyen al bis a Palazzo Berlaymont. Ed è una piazza sulla quale la presidente uscente può contare innanzitutto sul sostegno di FI, ma forse fino a un certo punto.
A testimoniarlo, ecco le parole della vice presidente del Senato Licia Ronzulli, che, alla vigilia dell'incontro con gli azzurri, l'ha definita "un cavallo ormai zoppo". Un cavallo su cui non puntare più. Von der Leyen, come è accaduto per tutti gli altri Paesi toccati dal suo tour, è arrivata in Italia su invito del riferimento locale del Ppe, ovvero FI. Invito che è stato formulato per la giornata dell'apertura della campagna azzurra per le Europee, prevista nel pomeriggio all'Eur. Solo che all'apertura della campagna von der Leyen non ci ha mai messo piede. La sua partecipazione non era prevista: von der Leyen è presidente della Commissione e quello dell'Eur era un evento elettorale di uno dei 4 partiti italiani associati al Ppe, hanno spiegato a metà giornata fonti informate. Il punto è che si trattava dell'unico incontro pubblico che von der Leyen poteva avere in agenda. Un incontro simile a quello di venerdì a Spalato, quando la Spitzenkandidat è intervenuta all'apertura della campagna del partito del premier Andrej Plenkovic, Hzd. A Roma agenda, clima (inclusa una mini-protesta pro-Palestina) pubblico, sono stati ben diversi. "Con von der Leyen le cose vanno bene", ha assicurato Tajani. In effetti il vice premier e ministro degli Esteri ha trascorso con la presidente della Commissione buona parte del pomeriggio.
Prima a pranzo, con i ministri e i capigruppo azzurri alla Camera, al Senato e all'Eurocamera. Poi alla Fondazione De Gasperi, dove von der Leyen ha risposto alle domande dei giovani di FI. "Lo spirito di De Gasperi va tutelato. Più la politica porta soluzioni più la democrazia è forte. E noi dobbiamo combattere per la democrazia", ha sottolineato la candidata dei Popolari, soffermandosi sui temi più svariati, a cominciare dal Green Deal. Sul dossier "serve un approccio pragmatico e non ideologico", ha avvertito Tajani laddove von der Leyen ha assicurato che, se gli obiettivi sul clima non cambiano, sul come raggiungerli verrà lasciata maggiore libertà. Sugli stessi temi Tajani e von der Leyen si sono soffermati incontrando, il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti e quello di Coldiretti, Ettore Prandini. Poi la presidente della Commissione ha fatto rientro in albergo, per riprendere la via del ritorno, direzione Bruxelles. I cambi di agenda che si sono succeduti in una manciata di ore hanno sorpreso non poco il suo staff. Von der Leyen l'ha presa con maggiore filosofia, consapevole che ogni Paese ha un preciso contesto politico con cui avere a che fare. E in Italia i vertici del Ppe sanno da tempo che il dibattito sul sostegno a un bis di Ursula può alimentare tensioni nella maggioranza e nel governo, con una Lega pronta a cavalcare l'onda sovranista e una premier, Giorgia Meloni, ben più aperta ad una collaborazione con von der Leyen. La linea, dalle parti della presidente uscente, non cambia. In un'intervista all'ANSA von der Leyen ha ribadito la necessità di "un'ampia coalizione di forze pro-europee che cooperi" in uno dei momenti chiave della storia del Vecchio Continente. Forze che siano pro-Ucraina e pro-stato di diritto. Forze in cui, in linea teorica, il Ppe include Fratelli d'Italia. Anche se la composizione della nuova maggioranza resta tutta da vedere. I cambi di casacca, a destra e nell'estrema destra, sono messi in preventivo dai Popolari. Uno, in particolare, potrebbe funestare il dialogo tra Ppe e Fdi in seno all'Eurocamera: l'ingresso di Viktor Orban nei Conservatori e Riformisti.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA