I dannati di Roberto Minervini - che passa a Un certain Regard al Festival di Cannes e arriva già domani nelle sale con Lucky Red - è un western anomalo, "esistenziale", vero, quasi un documentario fatto con la macchina del tempo.
Inverno 1862. Nel pieno della guerra di Secessione, una compagnia di volontari nordisti dell'esercito degli Stati Uniti è inviata a presidiare le terre inesplorate dell'Ovest. Tra loro tanta paura, silenzi, la voglia di credere a un Dio, i sogni ancora da vivere e poi qualche scontro con fucili che fanno rumore e fiamme veri. E tutto questo in un clima alla Malick.
"È un film che parte da lontano - dice oggi a Cannes il regista -, volevo confrontarmi con la guerra, ma al di là della retorica di 'giusta causa', 'vittoria' e 'valore', ma riscrivere invece la guerra con il metodo e i principi del cinema del reale, ma in un ambito di finzione".
E ancora Minervini, che vive da anni in America, sull'attuale scenario pre-elettorale: "Sì oggi negli Usa ci sono paralleli con la Guerra Civile americana. Da quello che avverto l'unico risultato possibile è quello che vede vincente Donald Trump e questo anche grazie al fatto che la magistratura sia ormai un organo politico, cosa che fa sì che gli appelli alla Corte suprema mettano sempre le cose a posto. Non si parla d'altro poi che del ritorno alla divisione binaria tra generi e della pena di morte. Infine, ci sono parallelismi con la standardizzazione del cristianesimo e la volontà di consolidare l'istituzione familiare".
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