Terzo film nella "Trilogia della notte" firmata dalla documentarista francese Yolande Zauberman La bella di Gaza (presentato fuori concorso) c'entra ben poco con il dramma che il mondo sta vivendo negli ultimi mesi mentre arrivano le notizie dalla martoriata striscia palestinese.
E' stato girato infatti prima dell'offensiva israeliana e le sue protagoniste sono le transgender arabe incontrate nella notte di Tel Aviv in Hafnuta Street dove la regista è tornata dopo le riprese di "M" del 2018. In quell'occasione il suo direttore della fotografia le aveva raccontato che una di loro era arrivata a piedi da Gaza, superando i controlli di frontiera. L'avventura di "La bella di Gaza" nasce dall'incessante (e infruttuosa) ricerca di quella donna, una ricerca che ha però permesso a Zauberman di incontrare le quattro protagoniste della nuova storia: Talleen Abu Hanna, Israela, Nadine, Danielle e Nathalie.
Ciascuna si racconta con pudore e passione, con naturalezza e disagio, mostrando quanto sia difficile convivere con una doppia diversità nella terra di Israele: arabe e diverse, accettate in privato ma tenute distanti in pubblico, falene della notte che rivendicano il diritto a esistere anche di giorno. "Il motivo per cui la mia trilogia è girata tutta dopo il tramonto sta nel fatto che di notte ci sono molte luci, si tratta solo di cercarle e di accettare l'incognita di puntare la cinepresa senza sapere se riuscirà a catturare ciò che io intravvedo".
La bella di Gaza non è un film politico, piuttosto un atto d'amore che coinvolge lo spettatore dalla prima all'ultima sequenza e in cui l'occhio dell'autrice si sostituisce al nostro, portandoci nella verità di persone tanto straordinarie quanto "normali". "Volevo entrare in punta di piedi nella difficile vita di chi è palestinese in Israele - spiega la regista di "La bella di Gaza" - e non ho mai inteso fare del mio lavoro una testimonianza politica; le mie idee devono restare dietro le immagini, ma ammetto che nel girare questa storia ho pensato al mito di Sansone e Dalilah. Lui è ebreo, lei palestinese e quando l'uomo rimane privo delle forze dopo il taglio dei capelli, chiede al suo Dio un ultimo sussulto di forza per distruggere il tempio, seppellendo così se stesso e tutto il popolo palestinese. Un suicidio collettivo che mi è tornato in mente dopo aver concluso questo film. Il mito spesso ci aiuta a capire la realtà".
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