C'è la giovinezza che non ha potuto vivere spensierata, le contraddizioni di Napoli che è sempre in scena come a teatro, il dolore e la malinconia, il passaggio alla consapevolezza che segna l'età adulta, il primo film con una donna protagonista, l'esplorazione del femminile un lato di se stesso cui ha voluto dare voce, l'incanto e il disincanto, le molteplici sfumature dell'amore, il profano che sostanzia il sacro. C'è questo e anche altro, secondo le sue stesse risposte, in Parthenope in concorso per la Palma d'oro.
Paolo Sorrentino lo racconta alla stampa italiana, settima volta al festival, "cui sono grato e che mi emoziona ogni volta perché a Cannes non ci si abitua molto, sono nel luogo in cui sono esploso, senza questo festival non avrei fatto tutti i film che ho fatto".
Il film, che segue anche idealmente E' stata la mano di Dio per seguire la storia di Parthenope (l'esordiente Celeste Dalla Porta e da anziana Stefania Sandrelli), dall'età "in cui si balla da soli, si è giovani e la verità non fa parte del tuo essere e non si ha niente a che fare con l'insincerità" all'età "della vita etica, della responsabilità in cui diventi quello che sei e speri ti piaccia come sei diventato e vivi se cerchi di stupirti di quello che fai". Non c'è, prosegue il regista, nostalgia, "io la giovinezza felice l'ho sognata" e ora è diventata un film. "Non è una lettera di amore a Napoli, non le ho mai sapute scrivere ma un viaggio nel mistero di questa città indefinibile, teatralizzata, in cui tutto è recita", dice Sorrentino che puntella la storia di questa giovane che nasce nell'acqua del Golfo, a Palazzo Donn'Anna a Mergellina nel 1950 e con le sue esperienze vive momenti storici come la contestazione, il colera, il terremoto persino, immancabile, la città in festa per lo scudetto del Napoli. E nel mezzo ci sono l'armatore Achille Lauro 'il comandante', un personaggio che sembra evocare in misura grottesca Sophia Loren, un altro il cardinale di Napoli e un altro ancora il filosofo Gerardo Marotta.
Sorrentino conferma l'identificazione di Lauro e del professore ("fondamentale per la cultura della mia città") ma nega gli altri. Greta Cool, attrice famosa a fine carriera, che vive al Nord e torna a Napoli ospite d'onore di una nave da crociera, quasi rabbiosa "è una donna disillusa sul viale del tramonto, frustrata, che esplode quando ritorna nella città che la riporta al passato e ai suoi dolori", la definisce Luisa Ranieri. Dal disincanto della Grande Bellezza al "grande incanto" di Parthenope con il professore di antropologia culturale (Silvio Orlando) con il ruolo narrativo di "ancorare il film al realismo mentre il resto esonda". Nella protagonista Parthenope c'è il dolore e la seduzione "mezzi di comunicazione veloce che permettono di saltare la forma che mettiamo in atto tutti i giorni e ci permettono di riuscire a dirci qualcosa di interessante".
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