I leader in crisi e 'azzoppati' dalle disavventure di politica interna tentano il rilancio a livello internazionale, tra gli ulivi di Borgo Egnazia. Il vertice del G7 può essere il trampolino che consenta di uscire fuori dalle crisi profonde che attanagliano alcuni dei protagonisti del summit. I quali, superando anche divisioni interne al G7, stanno facendo di tutto per riproporsi come attori affidabili in una congiuntura particolarmente difficile. Non è un compito facilissimo visti i problemi che hanno colpito recentemente Macron, Scholz e Sunak e i guai di Biden, apparso oggi particolarmente affaticato.
Anche per questo - al di là della contrapposizione sull'aborto - si farà di tutto affinché dalla riunione possano uscire risultati significativi sui temi al centro delle discussioni, come la guerra in Ucraina, quella a Gaza, le migrazioni e l'intelligenza artificiale. La spinta comune è quindi quella di rilanciare il ruolo stesso del G7 come rinnovato e possibile punto di riferimento in un momento storico in cui gli equilibri geopolitici stanno mutando velocemente e in cui il nuovo disordine mondiale lascia poco spazio al multilateralismo e al dialogo internazionale.
L'interesse comune è quindi quello di portare il G7 di Borgo Egnazia ad un 'successo' che possa rilanciare l'immagine di alcuni dei protagonisti. Prima di tutto Macron e Scholz, mai stati così deboli da anni a questa parte. Il presidente francese ha subito un vero e proprio schock alle elezioni europee, con la vittoria del partito di Marine Le Pen, che lo ha costretto a indire elezioni legislative nelle prossime settimane. Scholz ha visto il suo partito finire dietro non soltanto alla Cdu ma anche ad Alternativa per la Germania: un sorpasso clamoroso e quasi umiliante. Sunak è ormai agli sgoccioli della sua esperienza a Downing Street. Il 4 luglio, alle elezioni nel Regno Unito, il partito conservatore verrà spazzato via dal ritorno dei Laburisti di Keir Starmer.
Anche Biden non attraversa un periodo felice. La campagna elettorale contro Trump è particolarmente dura, le vicissitudini del figlio Hunter pesano sull'equilibrio familiare. Il presidente americano oggi è apparso affaticato. È arrivato in ritardo a due appuntamenti del summit e ha preferito non partecipare alla cena offerta dal presidente Mattarella, a Brindisi, ai leader del G7. Questo, d'altra parte, è per lui il secondo viaggio in Europa, in pochi giorni, dopo quello per le celebrazioni dello sbarco in Normandia.
La presidente del Consiglio Meloni ha senz'altro un altro umore, rispetto ai suoi colleghi, dopo il risultato positivo alle Europee e si aspetta grandi risultati dal summit di Borgo Egnazia. Ma, come detto e per i motivi già citati, un buon risultato del summit è nell'interesse di tutti. Una boccata di ossigeno per leader che si trovano in una situazione forse inaspettata, almeno in questi termini, soltanto qualche settimana fa.
Il primo punto è il rilancio complessivo del ruolo stesso del G7 caduto inevitabilmente in un cono d'ombra dopo la guerra in Ucraina e la contrapposizione sempre più forte non soltanto con la Russia, ma anche, progressivamente, con la Cina. Invece quello che manca all'Occidente è proprio un foro di dialogo dove poter condividere posizioni e delineare strategie comuni per affrontare le grandi sfide di inizio millennio.
E queste sfide sono tutte qui sul tavolo dei sette Grandi in Puglia: il sostegno all'Ucraina di Zelensky, l'appoggio a Biden per il piano per una tregua a Gaza, rapporti veri e concreti con l'Africa, la gestione comune delle migrazioni, la sfida epocale dell'intelligenza artificiale. Da Borgo Egnazia deve arrivare una risposta forte e chiaramente leggibile. I sette Grandi, cercando di superare le crisi personali, stanno lavorando a questo intorno al grande tavolo d'ulivo dell'eremo pugliese.
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