Una limonaia divenuta tela d'arte e libertà per due bimbe ribelli, costellata da parole che testimoniano i ricordi. È questa la cornice entro la quale si snoda la mostra 'After Images' all'interno del Memoriale della Shoah di Milano, firmata dalla fotografa Eva Krampen Kosloski, che racconta la storia della madre e della zia, sopravvissute alla strage nazista della famiglia di Robert Einstein, cugino del fisico Albert, trucidata nel 1944 a Rignano sull'Arno, alle porte di Firenze.
La mostra, un progetto in collaborazione con il Centro Primo Levi di New York (dove poi sarà esposta), curata da Allessandro Cassin e allestita da Andrè Benaim, apre le porte al pubblico fino al 24 gennaio prossimo. Le opere presenti raccontano la drammatica storia di Paola e Lorenza Mazzetti, oggi entrambe scomparse, gemelle orfane di madre e adottate a 6 anni dalla zia paterna, moglie di Einstein, partendo dalla loro infanzia, per decenni lasciata dalle due donne sopita nel cassetto dei ricordi. Le due anziane sorelle sono protagoniste di una serie di scatti tra la nebbia delle colline toscane, la loro villa di famiglia bruciata ma poi restaurata, i boschi come luogo di pace ritrovata e la limonaia. Proprio in quel luogo, scampato al rogo della residenza dopo la strage, le due gemelline si rifugiavano, spesso dopo essere state sgridate dallo zio, per dipingere sui muri uccellini liberi e alberi. Il 3 agosto del 1944, quando avevano 16 anni, furono risparmiate perché non ebree da quella che fu una vera e propria esecuzione ad opera dei soldati nazisti, che uccisero sotto i loro occhi la zia, Nina Mazzetti e le sue cugine, Cicci e Luce.
Alla strage scampò anche Einstein, che si era rifugiato nei boschi convinto che avrebbero cercato solamente lui, che si tolse poi la vita l'anno successivo. Buio, luce, buio, buio pesto, luce e ancora luce, sono i momenti scelti dal curatore Alessandro Cassin, per ripercorrere la loro storia: "nella limonaia hanno dipinto tante cose, rimasta intatta rappresenta il filo sottile della memoria - ha spiegato - che ricongiunge la serenità e la saggezza dell'età avanzata, con quell'infanzia bloccata".
Tra gli scatti, le foto antiche e i ricordi nelle teche, le immagini di loro disegni sfilano sulle colonne del Memoriale, costellate da frasi di Lorenza, tratte dal suo libro 'Il cielo che cade'. "La nebbia ci ha portate indietro nel tempo, un percorso che fa guarire dal passato - ha raccontato Eva Krampen Kosloski - il calore delle persone del luogo, dei proprietari di casa, è come avesse riallacciato due fili rimasti collegati, colmando un vuoto". "L'unione tra fotografia che cattura l'elaborazione della Memoria e documenti che raccontano la storia, si inserisce nel racconto del Memoriale - ha detto Roberto Jarach, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano - storia e memoria si uniscono in u continuo dialogo, e in questo momento ci arricchisce ancor più conoscere le storie familiari".
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