Dopo oltre settant'anni trova una vecchia lettera e scopre che il padre era stato un eroe nella lotta al nazifascismo durante la Seconda Guerra Mondiale aiutando ebrei e prigionieri di guerra stranieri. La storia, che emerge alla vigilia della Giornata della memoria, arriva da Macerata ed ha per protagonista Mario Borroni, all'epoca un carabiniere appena ventenne.
"Dopo la morte di mio padre e poi di mia madre Luciana - racconta all'ANSA, per la prima volta, il figlio Renzo Borroni, 75 anni - nel sistemare le cose dei miei genitori ho ritrovato, in fondo a un cassetto, una vecchia lettera a firma di Lilly Breitel, una donna che, grazie alla professoressa di storia contemporanea Annalisa Cegna, ho scoperto essere un'ebrea di origine polacca, internata nei campi di concentramento prima di Lanciano (Chieti), poi in quello di Pollenza e quindi di Sforzacosta in provincia di Macerata". "Una lettera commovente che ha dato un senso ai racconti fugaci che ogni tanto papà faceva della guerra", spiega Renzo. "Oggi noi possiamo dire, con senso di profonda gratitudine - si legge nella lettera scritta a macchina con la data 15 settembre 1944 - che lei, in quel periodo, sotto la divisa di carabiniere, agì sempre con spirito di patriota, e servì sempre la causa della Liberazione, perché, ad esempio, lei, ricordiamo benissimo, aiutò molti inglesi, prigionieri, a fuggire dall'ospedale e intralciò sempre, efficacemente, le richieste al riguardo che le autorità fasciste facevano".
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