La tendopoli dell'Unrwa a Khan Yunes è in assoluto uno dei posti più tristi nel sud della Striscia di Gaza, dove - su istruzione delle forze armate israeliane - sono riparati centinaia di migliaia di sfollati palestinesi. Esaurito ogni possibile spazio libero nelle scuole dell'agenzia Onu per i rifugiati (ormai nelle classi ci sono solo posti a sedere dove le persone trascorrono intere nottate, dicono, "come in un treno affollato") l'unico luogo di accoglienza per gli ultimi arrivati è appunto questa tendopoli dove, almeno, si avverte la brezza marina. Ma quante persone ci si trovano adesso? Il funzionario dell'Unrwa allarga le braccia: "In origine dovevano essere 5.000. Ma nessuno si prende la briga di registrarsi quando entra o quando esce. Saranno molti di più, magari anche 10 mila".
I primi sfollati raccontano di aver trascorso le prime notti in riva al mare. "Abbiamo steso i vestiti sulla sabbia e ci siamo coricati. La prima impresa è stata quella di trovare dei materassi di fortuna. Dopo tre giorni, quando è stata allestita la tendopoli, siamo entrati". Ma anche così la vita è durissima.
Le tende sono calde e c'è polvere nell'aria. Per cucinare bisogna accendere dei piccoli falò, anche se si vuole bere solo un caffè, perché manca il gas. L'acqua potabile viene trasportata con carretti da un vicino impianto di desalinizzazione. Per usare i gabinetti occorre fare lunghe file, le docce non esistono. Né esiste la distribuzione di cibo, fatta eccezione per piccole quantità di pane.
Nonostante il degrado, anche oggi si sono registrati nuovi arrivi. Sfollati che venivano dal nord della Striscia. "A Beit Lahya e a Jabalya - hanno raccontato - Israele ha bombardato i mercati ortofrutticoli per costringere la popolazione a partire.
Lo stesso ha fatto con i fornai". Dunque anche chi non voleva, adesso è obbligato a migrare a sud. "Io - dice un signore - ho pagato 1.000 shekel (250 euro) ad un tassista perché mi portasse qua". In tutto, 25 chilometri ed una cifra esorbitante per l'economia di Gaza. Altri hanno marciato a piedi.
La tendopoli con vista sul mare, la marcia su strade polverose, gli spostamenti forzati di centinaia di migliaia di persone. Tutto questo ha riacceso nei più anziani i ricordi traumatici della Nakba: la 'catastrofe' della nascita di Israele e la condizione di profughi per masse enormi di palestinesi.
"Dopo tutti questi bombardamenti - dicono alcuni sfollati - non c'è più nemmeno la certezza che finita la guerra ci sia ancora una casa dove tornare". E se l'Egitto aprisse la frontiera, passereste nel Sinai? "Mai", rispondono in coro, "noi Gaza non la lasceremo mai". Ma nei loro occhi si leggono desolazione e rassegnazione.
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