La luce va e viene. Spesso non c'è e non hanno possibilità di vedere la tv o ascoltare la radio, di sapere cosa sta accadendo. E quando incontrano un reporter lo bombardano di domande. "Ma l'attacco di terra ci sarà? Ma non c'è speranza di una 'hudna', di una tregua?", chiedono angosciati ad una giornalista mentre dall'Ufficio di informazione di Hamas arrivano numeri che confermano la distruzione del loro passato, delle loro case: "Centocinquanta mila alloggi danneggiati. Ottantacinquemila distrutti del tutto", hanno fatto sapere i miliziani, facendo impallidire gli sfollati che si sono lasciati alle spalle una vita intera. Tutti impegnati a discutere gli ultimi sviluppi del conflitto nel centro di Khan Yunes, nel settore meridionale della Striscia dove, da quasi 10 giorni, sono intrappolati tra strade a loro estranee, mentre dall'altra parte di Gaza l'ala militare di Hamas affronta Israele e prosegue con incessanti lanci di razzi e con tentativi di infiltrazione di commando. Nei loro alloggi di abitazioni precarie manca spesso la luce e questi sfollati non dispongono di mezzi di informazione.
I danni causati finora dai bombardamenti aerei li lasciano atterriti. "Cosa troveremo al nostro ritorno? Ci sarà ancora una casa, oppure dovremo vivere in una tenda, accanto a quanto resta della nostra abitazione?". La sola prospettiva di un ritorno, una volta terminato il conflitto, appare problematica: le auto restano parcheggiate nelle strade, ormai a secco di benzina. Spostarsi all'interno della Striscia è, innanzitutto, un problema logistico.
"La nostra paura è che davvero Israele faccia un'invasione militare. Il pericolo è che fra i loro progetti ci sia quello di sospingerci in massa verso il Sinai, verso l'Egitto. Noi non lo faremo mai!". In realtà l'idea di lasciare per sempre Gaza alle spalle e ricominciare una nuova vita in un posto all'estero non è del tutto estranea. Sotto una tenda di fortuna un uomo dice di essersi impegnato per tutta la vita per l'istruzione dei suoi figli: "Ne ho quattro, tutti laureati e tutti disoccupati. Qui non hanno futuro". Molti hanno cercato di raggiungere l'Europa con mezzi di fortuna. Ci sono stati naufragi, anche annegamenti.
E se aprissero il valico di Rafah, passereste in Egitto? "Finché dura l'attacco israeliano, certamente no. Sarebbe una fuga!". Ma in un secondo momento - lasciano capire - c'è chi prenderebbe la cosa in considerazione. "Che vita abbiamo qua?" ripetono raccontando che "da 15 anni siamo chiusi nella Striscia a causa del blocco imposto da Israele. Non possiamo spostarci. E del resto che risultati ha avuto Abu Mazen quando ha intrapreso il processo di pace? Basta guardarlo, barricato nella Muqata, il quartier generale di Ramallah. In Israele c'é un governo di estrema destra che mai accetterà la costituzione di uno Stato palestinese. La via diplomatica non ha dato risultati, ha creato disperazione e da qui il ricorso alla forza. Gli israeliani - ripetono - comprendono solo il linguaggio della forza" Intanto i bombardamenti israeliani proseguono con intensità e anche oggi al vicino ospedale Shuhada sono arrivati i corpi di numerosi morti, alcuni anche mutilati. L'orrore è sui volti di tutti. "Nella mia famiglia - dice uno degli sfollati - abbiamo deciso adesso di sparpagliarci fra varie abitazioni, in località diverse. Così è più probabile che qualcuno di noi sopravviva a questa catastrofe".
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