"Ogni giorno la situazione si fa più dura e critica. I bombardamenti non si fermano. Ieri i raid di Israele hanno colpito la nostra zona, qui vicino alla parrocchia. Siamo stanchi e afflitti, i bambini non dormono, le famiglie fanno sempre più fatica ad andare avanti sotto le bombe". Suor Nabila Saleh, religiosa delle Suore del Rosario, in collegamento col Sir da dentro la parrocchia latina della Sacra Famiglia di Gaza, prova a raccontare quanto sta avvenendo nella Striscia. Nel complesso parrocchiale hanno trovato rifugio quasi 700 sfollati, un numero cresciuto dopo il raid aereo israeliano ala vicina parrocchia greco-ortodossa di san Porfirio che ha causato 18 vittime e decine di feriti.
Ieri alla comunità cristiana di Gaza sono arrivate le parole del patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa: "Un po' di sollievo - dice la religiosa - parole che ci hanno fatto bene all'anima". "Chiediamo che si fermino le bombe e i razzi, la popolazione gazawa è sfinita - implora la religiosa -. Tra i nostri fedeli ci sono anche anziani, disabili gravi, bambini. Piange il cuore a vederli in questa situazione. Mi chiedo che male hanno mai fatto per meritare un simile destino. Dove sono finiti l'umanità, il diritto, il rispetto della vita: dove? Sotto le bombe. Mancano cibo, acqua, elettricità ma si va avanti. Gaza è distrutta, macerie ovunque. L'importante, però, è restare in vita, ci sarà tempo per ricostruire".
"La notte appena trascorsa l'abbiamo passata dentro la chiesa perché razzi e bombe sono esplose qui vicino - aggiunge suor Maria del Pilar, missionaria dell'Istituto del Verbo Incarnato (Ive) a Gaza -. Nessuno tra i nostri ha riportato ferite, ma solo tanta paura, specie tra i bambini. Dopo quasi tre settimane di guerra in parrocchia stiamo tutti abbastanza bene e questo lo considero un miracolo. Qui abbiamo circa 700 sfollati, per un totale di 132 famiglie, ognuna di queste con i suoi problemi, pensieri, paure ed educazione. Nonostante ciò la convivenza tiene e ci si aiuta gli uni gli altri, senza risparmio".
La più grande consolazione per i cristiani di Gaza è "la quotidiana telefonata di Papa Francesco per parlare con noi", afferma suor Pilar che proprio ieri ha raccontato direttamente al Pontefice quanto stanno vivendo nella parrocchia: "gli ho riferito anche dei bombardamenti e dei razzi. Ascoltare le sue parole per noi è confortante". "Il Papa ci chiama ogni giorno - racconta al Sir da Betlemme, dove è bloccato dallo scoppio della guerra, il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli - ci manifesta la sua preghiera, la sua vicinanza e la sua preoccupazione. Ripete sempre di custodire i bambini e di pregare tanto. Ogni giorno, al termine della telefonata, ci benedice tutti". "Ci uniremo domani a Papa Francesco per la giornata di digiuno e di penitenza, e vivremo anche noi un'ora di preghiera per implorare la pace nel mondo. I primi a farlo sono e saranno proprio i cristiani di Gaza. Sin dalle prime ore del mattino si preparano alla messa, ce ne sono due al giorno, alla recita del Rosario, all'Adorazione continua", spiega il parroco.
Secondo padre Romanelli, "il corridoio umanitario aperto al valico di Rafah non è sufficiente a fare fronte ai bisogni della popolazione gazawa. Prima della guerra a Gaza entravano quotidianamente centinaia di camion con aiuti umanitari e non erano sufficienti, come possono bastare oggi solo 20 Tir al giorno? Rafah deve essere sempre aperto perché i bisogni erano enormi prima e oggi lo sono molto di più. Devono essere aperti altri corridoi umanitari". Ma la prima cosa da fare, per padre Romanelli, "è fermare i bombardamenti e il lancio dei razzi; serve un cessate-il-fuoco immediato e lavorare per favorire il rilascio degli ostaggi. Ci sono poi migliaia di feriti che devono essere curati".
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