Dopo l'attacco terroristico del 7 ottobre a Israele, Hamas non ha utilizzato tecniche di guerra ibrida inedite, ma ha optato per mezzi e metodi indiretti, attacchi cyber operati da Stati alleati come l'Iran e un uso massiccio di Telegram come cassa di risonanza. A poco più di un mese dall'inizio del conflitto, è questo lo scenario delineato da Stefano Mele, esperto di Cybersecurity e Space law e partner dello studio legale Gianni & Origoni. Quelle contro Israele, spiega, sono "tattiche asimmetriche, multidimensionali e indirette".
"Lo sfruttamento del dominio cibernetico da parte di Hamas non ha raggiunto il livello di sofisticazione della guerra tra Russia e Ucraina grazie anche alla grande preparazione di Israele in questo settore - osserva Mele - ma possiamo notare alcune operazioni cyber di rilievo da parte di alcuni attori statali come l'Iran e un gran numero di attacchi informatici di medio-basso livello da parte di attori terzi appartenenti alla galassia hacktivista filo-palestinese, filo-iraniana e filo-libanese. E non sono da sottostimare anche alcuni recenti attacchi cibernetici contro le infrastrutture critiche israeliane che, seppur rivendicati da gruppi di hacktivisti, per capacità operative ed effetti raggiunti fanno sospettare di essere state sponsorizzate da uno o più Stati".
Le attività di propaganda e di disinformazione online giocano ormai un ruolo sempre più centrale all'interno dei conflitti. E quello attuale tra Hamas e Israele non fa eccezione. "Sin dal 2006 Hamas ha puntato fortemente sui media tradizionali e in particolar modo su Al-Aqsa Tv per diffondere il proprio messaggio filo-islamista, ma a seguito della primavera araba del 2011 ha preso piede anche sulle principali piattaforme online - spiega Stefano Mele -. Telegram oggi rappresenta senz'altro la prima cassa di risonanza di questa organizzazione terroristica".
"Secondo le ultime analisi - aggiunge - i canali Telegram ufficiali di Hamas e della Brigata al-Qassam hanno avuto un considerevole incremento di iscritti dall'inizio dell'attacco contro Israele: da circa 41.000 iscritti del 6 ottobre a circa 120.000 iscritti dell'11 ottobre per il canale ufficiale di Hamas, mentre da circa 200.000 iscritti a circa 580.000 iscritti per quello ufficiale della Brigata al-Qassam. Stesso risultato per il canale Telegram del portavoce della Brigata, Abu Obaida, che conta circa 400.000 iscritti. Questi numeri hanno indotto il ceo di Telegram Pavel Durov a decidere agli inizi di novembre di restringere l'accesso a questi canali. Tutto questo fa ben comprendere il ruolo cardinale per Hamas delle attività di disinformazione e propaganda per ledere la reputazione di Israele come nazione invulnerabile".
"L'offensiva di Hamas contro Israele dimostra con chiarezza, ancora una volta, quanto la cosiddetta guerra ibrida possa avere un elevato impatto su un avversario e quanto efficace sia una strategia militare flessibile e capace di unire la guerra convenzionale, la guerra irregolare e la guerra condotta attraverso azioni di attacco nel dominio cyber - sottolinea Mele -. Hamas non ha utilizzato tecniche o dottrine di guerra ibrida impensabili o inedite. Non possedendo carri armati o aerei da combattimento si è limitata ad evitare un attacco diretto alle forze israeliane, optando invece per mezzi e metodi indiretti.
Gli effetti di queste tattiche asimmetriche, multidimensionali e indirette sono oggi sotto gli occhi di tutti. È fondamentale, quindi, che le strategie militari siano urgentemente riviste per comprendere, gestire e contrastare le minacce ibride e irregolari che, come stiamo osservando, sono sempre più utilizzate e in rapida evoluzione", conclude l'esperto.
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