Si scusa per il suo "itagnolo", non perde il senso dell'ironia e il gusto della battuta, chiede perdono per il ritardo con cui si è collegato, "noi argentini..". Ma quando infine gli viene chiesto di raccontare quale sia la quotidianità nella sua piccola parrocchia di Gaza, l'unica di rito latino, situata nel Nord della Striscia dove dal 7 ottobre scorso si sono di fatto rifugiate più di 500 persone, padre Gabriel Romanelli raccoglie tutto il respiro che ha e non nasconde lo scoramento: "La vita ora è molto difficile".
E aggiunge: la tregua è stata "una finestra di speranza" ed è finita. Intervenuto all'incontro "Israele e Palestina, oltre il conflitto", promosso dal Ciam, il parroco di Gaza dal 7 ottobre è bloccato a Gerusalemme. Da 4 anni guida la chiesa della Sacra famiglia (così chiamata perchè proprio da Gaza la "Sacra famiglia", Giuseppe, Maria e Gesù si imbarcarono nella fuga verso l'Egitto) e con lui il papa si sente praticamente ogni giorno da quando sono scoppiate le ostilità. "La comunità sta bene e sta male", spiega, "di base è formata da 135 persone, come cattolici siamo pochissimi, forse sono più religiosi che fedeli ma noi lavoriamo con tutti, certamente con i musulmani perché siamo parte di questa società, allo stesso modo. Il compound è formato da una scuola e da vari centri che si occupano di anziani, di persone con disabilità, di poveri ed anche abbiamo 66 bambini farfalla". Molti non hanno voluto lasciare il Nord. "Mi dicevano - racconta - 'al Sud non c'è nulla, non c'è acqua, non c'è elettricità'.
E' chiaro che nessuno è abituato a vivere da rifugiato. Forse eravamo abituati alla guerra, a una guerra per così dire 'normale', ma qui si è andato oltre ogni limite. Prima se c'era qualche bombardamento e una casa distrutta, almeno si poteva andare nella casa di un parente. Adesso tutte le case sono distrutte, tutte". La vita nel compound è fatta di sospensione e tensione: "Si sta tutti dentro gli edifici parrocchiali, abbiamo fatto dei comitati, l'acqua viene razionata, si cucina tre volte al giorno per tutti, da tempo però mancano pasti caldi e non sappiamo come sarà l'inverno. Tanti sono colpiti dalla dissenteria, l'acqua è cattiva, non si può uscire, se qualcuno si azzarda a farlo, tenta di avvertire l'esercito israeliano mostrando la bandierina bianca e gialla del Vaticano. Ma sappiamo quello che è successo a una nostra catechista, è uscita per andare a controllare la sua casa ed è stata uccisa da un cecchino. L'abbiamo potuta seppellire solo ieri". "La gente cerca di stare tranquilla - continua - ma molto sono nerovosi. Dio però ogni tanto ci fa dei miracoli: nella cisterna della parrocchia abbiamo trovato dell'acqua, non è buona da bere ma per i servizi si può usare". Altro grave problema quello della scarsità di farmaci. "Abbiamo avuto altri due morti. Una persona perchè le mancavano le medicine e un'altra perché era rimasta ferita nel bombardamento della chiesa ortodossa di San Profirio che noi abbiamo accolto. Andava operata ma senza farmaci e sala operatoria non è stato possibile e non ce l'ha fatta". Come se ne esce ora che la tregua non c'è più? "Noi preghiamo per la pace perché la pace non è facile ma non è impossibile - risponde il parroco di Gaza - qualche miracolo il Signore lo dovrà fare, il cessate il fuoco può essere il primo passo".
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