A Rafah, all'estremità sud della Striscia di Gaza, la paura serpeggia nelle strade. I ripetuti ordini di evacuazione lanciati negli ultimi giorni dall'esercito israeliano hanno sospinto verso questa città di 200 mila abitanti, che si estende a ridosso del confine con l'Egitto, un altro milione di persone. Buona parte di loro, giunta fra ieri e oggi da Khan Yunis, non ha ancora trovato un tetto e vaga in cerca di cibo. La gente ha dovuto marciare per sei chilometri, visto che nella zona la benzina è scomparsa da tempo. Giunta al mercato, ha trovato solo bancarelle vuote. Nei luoghi dove si presume ci siano ancora scorte - la sede della Mezzaluna Rossa e le istituzioni gestite dall'Unrwa (l'ente della Nazioni Unite per i profughi) - sono state rafforzate le difese. I dipendenti presidiano gli ingressi e seguono gli spostamenti dei passanti.
Nelle vicinanze, agenti armati di manganelli si tengono pronti ad intervenire.
"Tre giorni fa a Khan Yunis - racconta un funzionario, che preferisce non essere identificato - i magazzini dell'Unrwa sono stati attaccati. Un gruppo di persone ha cercato di forzare l'ingresso ed è stato necessario chiedere l'intervento della polizia. Nel frattempo la folla si era ingrossata e gli agenti, per disperderla, hanno sparato in aria". "All'ingresso di Khan Yunis - prosegue il funzionario - un camionista che trasportava un carico di acqua minerale è stato bloccato e costretto alla fuga. I finestrini sono stati frantumati e la folla si è impadronita del carico".
La tensione è palpabile anche al valico di Rafah. Al terminal di uscita ci sono quanti, avendo passaporti stranieri, cercano di varcare il confine. Alcune famiglie dormono là da giorni, in attesa di un permesso. Oggi alcune ambulanze sono state autorizzate a trasportare feriti in Egitto. A breve distanza da loro gruppi di giovani erano appostati in attesa dei camion con gli aiuti provenienti dall'Egitto, nel tentativo di impadronirsi del carico, almeno in parte. Miliziani armati che erano sui camion hanno puntato i fucili e sparato alcuni colpi di avvertimento in aria. Mentre gli automezzi entravano nella strada Sallah-a-din sono stati inseguiti da imprecazioni e da una rabbiosa sassaiola.
Nel mercato di Rafah i viveri scarseggiano. Un tempo era celebre per il pesce fresco, ma negli ultimi giorni la marina militare ha colpito i porticcioli di Rafah e della vicina Deir el-Ballah, sostenendo che erano utilizzati dalla Forza navale di Hamas. Da allora i pescatori non si sono più avventurati in mare. Il caffè è da tempo introvabile in tutta la Striscia. Per i nuovi arrivati a Rafah, in un ambiente a loro sconosciuto, è inoltre difficile anche fare acquisti alla borsa nera. I negozianti sono sospettosi. Uno di loro, dopo qualche insistenza, ha ammesso di avere ancora "da qualche parte" alcuni sacchi di farina, da 25 kg. "Li posso vendere a 300 shekel ciascuno", l'equivalente di 75 euro. Sei volte il loro valore di poche settimane fa. Una cifra iperbolica per questi sfollati, che dunque sono usciti in strada a mani vuote. L'ultima risorsa resta la Mezzaluna Rossa che potrà dare loro una scatola con un po' di viveri: andranno comunque razionati con cura, perché queste consegne avvengono solo una volta alla settimana.
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