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In concorso a Venezia un poker tutto eros

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Da Diva Futura a Queer, Babygirl e Love

ROMA, 23 agosto 2024, 15:37

Francesco Gallo

ANSACheck
Luca Guadagnino - RIPRODUZIONE RISERVATA

Luca Guadagnino - RIPRODUZIONE RISERVATA

Da Diva Futura a Queer fino a Love e Babygirl, questo il poker declinato all'erotismo nella 81/ma edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia (28 agosto - 7 settembre). Ce n'è per tutti i gusti, dalla nascita dell'industria del porno in Italia all'analisi di come sono cambiati i comportamenti sessuali, dai rapporti sadomaso fino a quel Queer di Luca Guadagnino che dà voce al romanzo scandalo di William Burroughs.
    Intanto Diva futura di Giulia Louise Steigerwalt è la storia dell'omonima agenzia di casting e produzione di Riccardo Schicchi (Pietro Castellitto). Siamo negli anni '80/'90 e Schicchi con la sua agenzia fa una piccola rivoluzione della cultura di massa nel segno dell'amore libero. Sotto la sua guida Ilona Staller, Moana Pozzi, Eva Henger diventano icone pop del mondo del porno e, soprattutto, entrano nelle case degli italiani grazie al boom delle tv private.


    La parola 'pornostar' è sdoganata e Ilona Staller, detta Cicciolina, nel 1991 fonda assieme alla collega Moana Pozzi il Partito dell'Amore, che lotta per la liberalizzazione dell'educazione sessuale.
    Questo incredibile pezzo di storia italiana è visto attraverso lo sguardo di Debora, giovane segretaria dell'agenzia con un mutuo sulle spalle.


    In Babygirl, thriller erotico della regista Halina Reijn, "Nicole Kidman è Romy, una manager insoddisfatta che cerca conforto in un rapporto sadomaso con Harris Dickinson", così sintetizza il direttore Alberto Barbera. Si tratta di una potente donna d'affari che mette a repentaglio la sua vita professionale e personale quando intraprende una relazione segreta e intensa con il suo giovane stagista (Harris Dickinson).
    Banderas interpreta il marito della Kidman, mentre Sophie Wilde (Talk to Me) l'assistente della CEO. Jean Reno, infine, completa il cast nel ruolo di un dirigente di un'azienda rivale.


    "Tutti noi abbiamo una piccola scatola nera piena di fantasie e tabù che vorremmo non condividere mai con nessuno - dice la regista di origine olandese -. Sono affascinata dalla dualità della natura umana e con questo film ho cercato di far luce, senza giudizio, sulle forze opposte che compongono le nostre personalità. Per me, il femminismo è la libertà di esplorare la vulnerabilità, l'amore, la vergogna, la rabbia e la bestia interiore di una donna. Invecchiare - continua - significa affrontare l'infinità di tutto. A metà della nostra vita, non possiamo più nasconderci e dobbiamo confrontarci con i nostri demoni interiori. Più sopprimiamo la nostra ombra, più il nostro comportamento può diventare pericoloso e dirompente. La relazione al centro di Babygirl permette a Romy e Samuel di esplorare la loro confusione riguardo al potere, al genere, all'età, alla gerarchia e all'istinto primordiale. Nonostante la sua natura proibita, la gioia di quell'esplorazione è liberatoria, persino curativa." Love di Dag Johan Haugerud è "il terzo film di una trilogia sull'analisi dei comportamenti sessuali in contrasto con le norme sociali e che si interroga sulle disparità delle donne rispetto agli uomini".


    Il regista mette in scena due operatori sanitari: Marianne, un medico sulla quarantina che non desidera una relazione stabile e Tor, un infermiere aperto e libertino che condivide con lei una visione libera e non convenzionale delle relazioni sentimentali e sessuali: incontri brevi, passionali, non impegnativi.   Intrigata da questa prospettiva, Marianne comincia a chiedersi se possa fare al caso suo.
    Si tratta del terzo capitolo della trilogia Sex, Dream e Love, il cui primo aveva fatto scalpore a Berlino lo scorso anno. In particolare, Love s'interroga sulla disparità delle aspettative sociali nei confronti della cosiddetta libertà sessuale delle donne, in relazione a quella degli uomini, e in particolare degli omosessuali.
   

Queer di Luca Guadagnino, tratto dal romanzo omonimo di William Burroughs, è anche il sogno che si avvera del regista siciliano.  Siamo nel 1950 a Città del Messico e Lee (Daniel Craig) è un americano espatriato e droga addicted che passa le sue giornate quasi del tutto da solo. L'incontro con Eugene Allerton, militare della Marina in congedo con la stessa dipendenza, lo illude per la prima volta della possibilità di stabilire finalmente una connessione intima con qualcuno. Il tutto girato a Cinecittà e con qualche escursione in Sicilia.


    L'autore del romanzo 'Queer, che in Italia ha avuto diversi titoli, da 'Diverso' a 'Checca', prima di approdare da Adelphi con il suo titolo originale, è uno dei libri di uno dei padri della beat generation. Ma 'Queer' sarà anche un omaggio a uno dei film cult preferiti di Guadagnino, Scarpette Rosse di Powell e Pressburger, "il massimo esempio di melodramma, un'opera che ho rivisto almeno cinquanta volte prima di iniziare le riprese".

   

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