Quasi metà delle donne che hanno avviato un percorso di uscita da una violenza subita non è economicamente autonoma. Infatti tra le 15.559 che nel 2020 hanno iniziato un percorso personalizzato di uscita dalla violenza, solo il 35,5% era occupato stabilmente, mentre il 48,7% risultava non autonomo. E' quanto emerge da una ricerca dei Consulenti del Lavoro che mette in evidenza nero su bianco quanto il lavoro e l'occupazione femminile siano un valido argine contro la violenza perché l'indipendenza economica può consentire alle donne di sottrarsi a vincoli sgraditi e libertà di scelta e di movimento.
In base ai dati elaborati sulla base di un'indagine Istat, la maggioranza delle donne intervistate risultava non avere alcun tipo di occupazione, in quanto ancora in cerca di occupazione (25,2%), casalinga (8,7%), studentessa (5,2%) mentre il 14,4% ha dichiarato di avere un’occupazione saltuaria. Tra le 30-39enni la quota di donne che, al momento della violenza, era disoccupata era quasi del 30% (29,8%) mentre il 16% lavorava in forma saltuaria.
Se si escludono le occupate in forma stabile e le pensionate, dove la maggioranza ha mezzi sufficienti al proprio sostentamento, negli altri casi, le donne vittime di violenza esprimono una condizione di dipendenza economica verso altri soggetti (partner o famiglia) che finisce per condizionare talvolta anche la tipologia delle violenze subite. E se si guarda alla frequenza delle violenze, mediamente le donne economicamente dipendenti dichiarano di aver avuto un numero di violenze superiori (il 14,6% più di 4 episodi) rispetto alle donne che hanno un proprio reddito: tra queste ultime il 42,8% afferma di essere stata vittima di 1 o 2 episodi di violenza (contro una percentuale del 34,8% tra le donne senza reddito) e il 9,1% dichiara più di 4 episodi. Similmente, oltre il 60% riferisce di violenze subite per anni, quota che supera il 75% per le casalinghe e il 70% per le pensionate, le ritirate dal lavoro, le lavoratrici in nero. Il dato è comunque al di sopra della media anche per le donne prive di lavoro.
La situazione è “relativamente” migliore per le occupate e le studentesse che subiscono violenze da minor tempo: prevale la frequenza “da mesi” per il 32% delle prime e per il 29,3% delle seconde. Anche rispetto alla tipologia di violenza, le donne non autonome economicamente sono più frequentemente vittime di violenza fisica (71,8% contro il 63,7% delle donne con reddito), stupro (11,6% contro 6,7%) e soprattutto violenza economica (47,6% contro il 29,5%). Di contro, tra le donne che lavorano è più frequente lo stalking. C’è insomma una una costante, nei casi di violenza - sottolineano i Consulenti: "molte donne picchiate, vessate, minacciate non hanno materialmente i mezzi per vivere fuori dalle mura domestiche. Si tratta di donne che spesso hanno dedicato gli anni migliori all’accudimento di figli e mariti/compagni e alla cura della casa, oppure di donne anche molto giovani che per svariate ragioni non hanno avuto opportunità di formazione e lavoro. L’impossibilità di allontanarsi da quella casa/luogo di violenza dipende anche dalla totale mancanza di mezzi economici".
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