L'addio di Stefano Domenicali, il rilancio di Luca di Montezemolo, l'arrivo dalla Ferrari North America di un altro uomo cresciuto a Maranello, Marco Mattiacci. La rivoluzione di un Cavallino Rampante in profondo rosso si consuma tra venerdì e stamani, col doppio annuncio, anche se il dramma professionale del team principal era emerso palesemente in Bahrein, il 6 aprile. Il trionfo Mercedes e la mesta figura Ferrari fecero esplodere quasi di rabbia lo stesso responsabile della squadra, di solito così curiale. Era il punto più basso della parabola discendente di quella che fino a pochi anni fa era la Scuderia da battere.
Un uomo cresciuto per 23 anni nei luoghi sacri di Maranello dopo quella disfatta ha detto al suo capo, Luca di Montezemolo, che semplicemente non ce la faceva più: non sopportava più di sentire, di leggere ovunque che oramai il problema era lui, che pure era convinto di avere fatto tutto il suo possibile per dare ad Alonso e Raikkonen una macchina per vincere. Mai pervenuta.
Venerdì, al Museo Ferrari, c'era anche l'Ad Fiat, Sergio Marchionne. C'era già il giorno prima a Maranello, per la verità, in incognito. Montezemolo, che aveva deciso di accettare le dimissioni di Domenicali, certamente avvertì del nome del sostituto il gran capo del Gruppo in cui gravita la stessa Ferrari, forte della recentissima riconferma in sella all'icona italiana grazie a risultati economici eccezionali, soprattutto quelli dell'ultimo bilancio.
Che abbia ricevuto l'ok, e che in quel giorno si consumò la fine di Domenicali e l'arrivo di Mattiacci, lo si può dedurre da un altro indizio: quella stessa giornata, ricevendo il Tapiro del tg satirico di Canale 5, Montezemolo disse che era meritato.
Che, infatti, era arrabbiato perché "non era colpa dei piloti se non gli diamo delle buone macchine per vincere". Era il preludio al gran scossone. Dopo i rumors, oggi l'annuncio dell'addio, con Domenicali che dice: "Da capo, mi assumo la responsabilità - come ho sempre fatto - della situazione che stiamo vivendo".
Ricevendo il grazie del suo, di capo, "non solo per il costante contributo e impegno, ma per il grande senso di responsabilità che ha saputo dimostrare anche oggi anteponendo l'interesse della Ferrari al proprio". In sua vece arriva Mattiacci, 43 anni, romano, in Ferrari dal 2001, attivo tra Nordamerica, Giappone e poi Cina, dove ha seguito il lancio Ferrari. Dal 2010 è Ad di Ferrari North America. Anche lui cresciuto in Ferrari, ma con uno sguardo internazionale e aziendale diverso da quello "Maranello based" di Domenicali, il quale è noto per essere grande mediatore, e dunque non quel signornò che forse è più adatto a gestire team di primedonne come quelli di F1, dove comandano uomini duri e vince gente che magari sa poco di strategie ma sa molto di come si governa. Così era Jean Todt, così si dice sia questo Mattiacci, capace di gestire situazioni complesse e difficili col piglio del manager che decide, magari chiudendo porte, o dando dispiaceri.
Dovrà far meglio di Domenicali con un gruppo che non è in discussione, almeno per ora. In discussione è il metodo Domenicali. Mattiacci dovrà cambiare registro. E con quello provare a riportare in auge il buon nome di un marchio che da qualche anno è forte nelle vendite ma in pista non ribadisce la nomea di vincente, il più vincente di tutti.
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