Un fronte quasi compatto quello degli allenatori della Serie A contrari alla Superlega. C'è chi lo dice apertamente, anzi lo grida con forza, come Roberto De Zerbi del Sassuolo che parla di "colpo di stato", e chi invece fa amarcord come Claudio Ranieri ("ho pensato subito al Leicester", a sottolineare che esistono anche le squadre con meno blasone, come la sua ex che puntava alla salvezza e che vinse a sorpresa la Premier), mentre il milanista Stefano Pioli, quindi uno che lavora in uno dei club fondatori del nuovo torneo, è sulle stesse posizioni di Zinedine Zidane a Madrid: meglio non fare commenti e lasciare che alla questione lavorino i dirigenti. Che del resto ci stanno lavorando da tempo. "Ascolto i consigli del mio club, che mi ha chiesto di focalizzarci sul lavoro e sul presente. Su quello che sarà il futuro si vedrà, non è è questo il momento di pensare ad altro", le parole di un Pioli concentrato sulla sfida di mantenere i rossoneri al secondo posto in classifica. Da Cagliari fa sapere di non essere d'accordo Leonardo Semplici (rincara la dose anche il presidente Giulini "così uccidono i nostri sogni"), mentre per il genoano Davide Ballardini il calcio è sport popolare per eccellenza e quindi "merito, solidarietà e un bene comune".
Si schiera la Roma, come club: "Noi fortemente contrari, il calcio è per tutti, ci sono cose più importanti del denaro". A rompere il fronte dei contrari è Andrea Pirlo, che si allinea alle posizioni della sua Juventus, più che mai convinta di portare fino in fondo, e quindi realizzare, il progetto della Superlega. "È uno sviluppo per il mondo del calcio - le parole dell'allenatore dei bianconeri -, ci sono stati cambiamenti in questi anni: è cambiato tutto, è una novità. Siamo fiduciosi perché abbiamo un presidente all'avanguardia, ci ha detto a grandi linee di cosa si tratta, i calciatori lo hanno recepito e la sua presenza ci ha dato fiducia".
Alle parole a favore del nuovo progetto del campione del mondo 2006 fanno da contraltare quelle, da 'fiume in piena', del collega (bresciano come Pirlo) Roberto De Zerbi del Sassuolo, alfiere di coloro che si oppongono al nuovo torneo riservato alle società più ricche (ma anche più indebitate). "Sono molto toccato e arrabbiato di questa cosa - dice De Zerbi -, a tal punto che ne abbiamo parlato con la squadra. E' giusto fermarsi come ogni tanto accadeva a scuola. Sono arrabbiato perché è stato fatto un colpo di stato. Sì, equivale a un colpo di stato nel calcio, nei contenuti e nella modalità. Nei contenuti perché il calcio è di tutti ed è meritocratico. Nella modalità perché si poteva fare alla luce del sole, invece ecco i comunicati congiunti a mezzanotte, il sito nuovo, come se qualcuno dovesse porre le bandiere in un posto che aveva sottratto a qualcun altro". Ma soprattutto, e questo è il concetto base su cui molti concordano, così "si va a ledere il diritto che il più debole possa farsi strada, è come se un figlio di un operaio non possa sognare di fare il chirurgo o l'avvocato". Ecco perché "domani non avrei piacere a giocare la partita perché il Milan fa parte di queste tre squadre, e l'ho detto ai giocatori e a Carnevali (il dg ndr). Se Carnevali mi obbligherà ad andare, chiaramente vado. Ma sono rimasto male". Non solo lui, viene da aggiungere.
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