Nove mesi per amarsi e dirsi addio, tanto è durata l'esperienza di Daniele De Rossi da tecnico della Roma.
Arrivato il 16 gennaio scorso per sostituire José Mourinho, é stato licenziato nella notte. Un fulmine a ciel sereno come fu per lo Special One con la comunicazione arrivata tramite una fredda nota sul sito del club di mattino presto nonostante tutti in società, fino alla sera prima, continuavano a definire "normale" la presenza dei Friedkin a Trigoria.
E invece l'insoddisfazione della proprietà per l'avvio di stagione era tale da decidere di cambiare immediatamente per "l'interesse della squadra", si legge nella nota del club giallorosso. A nulla è valso il contratto triennale a 2,5 milioni a stagione stipulato in estate e il mercato da 110 milioni condotto per intraprendere un progetto naufragato in quattro giornate.
Appena tre i punti conquistati, scaturiti da tre pareggi (Cagliari, Juventus e Genoa) e da una sconfitta (Empoli), anche se ad analizzare la Roma di De Rossi la crisi di risultati risale da più lontano. Perché era il 18 aprile quando i Friedkin, prima del ritorno nei quarti di finale di Europa League con il Milan, annunciavano la conferma del tecnico che pochi mesi prima aveva firmato solo per sei mesi senza opzioni per il rinnovo. Ma da quella partita la Roma ha giocato tredici volte fino a oggi, vincendo appena due partite.
Uno score che ha impedito ai giallorossi di centrare la seconda finale consecutiva in Europa League, mancando anche l'accesso alla Champions. Ciò nonostante a giugno è arrivato il triennale promesso e il lancio di un progetto che ha portato la Roma a rivoluzionare la rosa anche sotto indicazione di quello che ora é il suo ex allenatore. "I patti sono stati rispettati", aveva detto De Rossi prima della sosta parlando dell'impegno della società sul mercato, lasciando intendere dei buoni rapporti che di lì a poco si sono deteriorati fino all' esonero di stanotte, figlio di un'altra brutta prestazione come quella di Marassi contro il Genoa. Il capolinea di un amore bruciato in appena nove mesi di chi da calciatore e capitano della Roma come unico rimpianto aveva quello "di poter donare una sola vita" alla sua squadra. Diventandone l'allenatore ha avuto l'occasione di donargli anche la seconda, ma il finale che si immaginava De Rossi era ben diverso da quello scritto e girato nella notte.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA