"I valori non sono solo parole da scrivere su una pagina: è necessario viverli e sostenerli".
Tra le 106 calciatrici che hanno sottoscritto una lettera alla Fifa perche' interrompa la sponsorizzazione con Aramco, viste le violazioni saudite dei diritti delle donne e Lgbtqi+ e del contributo massiccio al cambiamento climatico, l'interista Sofie Junge Pedersen è una delle promotrici del gesto tutto al femminile.
Trentadue anni, di Aahrus, centrocampista con 88 presenze nella nazionale danese, si è ritrovata un giorno, come racconta all'ANSA, "con due colleghe, l'olandese Tessel Middag e la neozelandese Katie Rood: ne abbiamo parlato, abbiamo iniziato a contattare altre ragazze che conoscevamo. E tutto e' cresciuto". Con la firma anche della capitana dell'Italia, la romanista Elena Linari.
Il senso della lettera, sostenuta da Athletes of world, associazione no profit di sportive professioniste per la difesa del pianeta, è non contribuire allo sportwashing arabo, il tentativo tramite lo sport "di distrarre dal trattamento dannoso riservato alle donne e al pianeta".
Riad sostiene che l'Agenda 2030 già contiene passi di apertura, e che lo sport può essere veicolo di diplomazia. Pedersen è pronta a riconoscere come "estremamente positivo che ci siano buone condizioni nel campionato di calcio femminile saudita e qualche progresso in materia di diritti. Ma ciò non significa che tutte le donne saudite siano trattate in questo modo, e che dovremmo chiudere un occhio di fronte alla violazioni".
"Vogliamo - prosegue Pedersen - che il popolo saudita, comprese le ragazze e le donne, possa accedere allo sport. Ma non parteciperemo alla copertura delle violazioni dei diritti umani. Le donne dell'Arabia Saudita dovrebbero poter praticare sport e avere le stesse libertà degli uomini. L'Arabia Saudita viola i diritti umani e Aramco è uno dei maggiori inquinatori del pianeta,un danno per il futuro di tutti noi. È semplicissimo: se non ne parlassimo, il nostro silenzio potrebbe essere interpretato come un disinteresse per questo danno".
A parlare per ora sono solo le calciatrici, e la danese dell'Inter non crede che il silenzio maschile sia solo legato al peso degli sponsor. "Noi donne abbiamo già dovuto cambiare questo sport, solo per ottenere il diritto di esistere e giocare: molte di noi - conclude Pedersen - sono cresciute in un'epoca in cui dovevano giocare in squadre maschili e ignorare le prese in giro solo per il fatto che giocavamo a pallone. Penso che questo crei la sensazione di dover continuare a resistere di fronte ad altre evidenti ingiustizie. E poi era logico per noi calciatrici esprimere solidarietà alle donne dell'Arabia Saudita i cui diritti non sono rispettati, specialmente quelle che sono incarcerate per aver espresso pacificamente le loro opinioni".
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