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Calcioscommesse: 150 mila per la B, "è una Ferrari"

Calcioscommesse: 150 mila per la B, "è una Ferrari"

Di Nicola fermato a uscita casinò Venezia con 15 mila euro

ROMA, 21 maggio 2015, 15:17

Alessandro Sgherri e Matteo Guidelli

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 ".. la cosa .. sui 150 .. tieni presente che è .. oh lo sai... Ferrari... quindi non è che stiamo parlando di..". Non si riferiva ad auto di lusso il direttore generale "di fatto" della Pro Patria Mauro Ulizio mentre al telefono, senza sapere di essere intercettato dalla squadra mobile di Catanzaro, parlava con Fabio Di Lauro, l'ex calciatore e imprenditore, indicato dagli inquirenti come l'unico rappresentante in Italia degli interessi dei "signori" delle scommesse dell'Est Europa. La "Ferrari" in questione era la combine della partita di Coppa Italia tra Sassuolo e Pescara. Di questo gli inquirenti della Dda di Catanzaro sono certi. Come sono certi che la partita sia stata truccata, anche se non ne hanno le prove. Per la Dda, comunque, è la conferma delle mire dell'organizzazione su partite di "categoria superiore" a quelle di Lega Pro in cui normalmente operano. Ulizio paragona l'incontro ad una fuoriserie per invogliare l'amico a coinvolgere i "compari" stranieri, quelli in grado di tirare fuori centinaia di migliaia di euro per aggiustare le partite. E Di Lauro capisce subito la bontà dell'offerta, tant'è che si attiva subito per coinvolgere lo sloveno Uros Milosavljevic, proponendo l'acquisto dell'incontro per 100-150 mila euro e sottolineando come si trattasse di un affare molto più remunerativo delle combine sulla Lega Pro. Dalle intercettazioni emerge l'interesse del gruppo estero che però vuole garantita una quota alta per rientrare dei soldi spesi per la combine. E Di Lauro si affretta a spiegare che "se loro ti danno una quota a 5 o 6 certo che conviene, capito?... loro bastano che puntano 100 mila, ne prendono 500". L'affare poi salta perché gli sloveni non riescono ad arrivare in Italia in tempo per problemi di maltempo, ma Ulizio, scrive il pm nel decreto di fermo, "aggiornava il socio d'affari Carluccio sulla trattativa che aveva aperto con Di Lauro per la vendita della combine. Appare oltremodo chiaro - aggiunge il pm - che Ulizio aveva già fatto la sua offerta a qualcuno all'interno delle due squadre non potendo essere diversamente possibile la sua sicurezza un giorno prima dell'incontro che sarebbe riuscito in ciò una volta ricevuto il denaro. Era evidente che qualcuno stava attendendo una sua risposta avendo egli già contrattato il prezzo della partita". Di Lauro è ritenuto una figura centrale dell'inchiesta, trait d'union tra le due organizzazioni criminali che operavano nel calcioscommesse, quella che faceva capo a Mario Moxedano e Antonio Ciccarone, presidente e direttore sportivo del Neapolis, squadra di serie D, e Pietro Iannazzo, esponente di spicco dell'omonima cosca di 'ndrangheta, e quella che faceva capo allo stesso Di Lauro e di cui facevano parte il magazziniere del Santarcangelo Daniele Ciardi, conosciuto nell'ambiente come "bomber", ed il direttore sportivo dell'Aquila Ercole Di Nicola. Un personaggio, quest'ultimo, definito "bifronte" dal pm Elio Romano. "In pubblico - scrive il magistrato - appare professionista ligio alla disciplina sportiva e ai suoi canoni di lealtà, ma vive la pratica quotidiana capovolgendo le asserzioni pubbliche" facendosi "promotore di un'associazione criminale dedita alle frodi sportive". Di Nicola le scommesse, evidentemente, ce l'ha nel sangue. Quando è stato fermato dai poliziotti era appena uscito dal Casinò di Venezia in compagnia del fidato Ciardi. In tasca aveva 15 mila euro e, dicono fonti bene informate, era in attesa di gentile compagnia. Ma non erano sempre rose e fiori per la banda. Ne sa qualcosa l'ex calciatore della Pro Patria Andrea Ulizio, figlio di Mauro, aggredito all'uscita dallo stadio da tifosi inferociti per il suo scarso rendimento o perché insospettiti dai suoi frequenti errori. A farne le spese, però, è la fidanzata intervenuta in sua difesa. La ragazza viene spinta e colpita con uno schiaffo. Un affronto che non va giù a Adolfo Gerolino - compagno di squadra e di combine, secondo l'accusa, di Ulizio - che la sera stessa chiama Ulizio padre chiedendogli di verificare chi è stato "perché questo si merita una bella 'mazzata'".

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