"Benvenuti al circo". Con queste
parole lo scorso gennaio Gerard Piqué e lo streamer iberico Ibai
Llanos hanno lanciato la loro bizzarra creatura: la "King's
League", un torneo a 12 squadre da 7 giocatori con ex campioni
spagnoli, brasiliani, messicani e argentini che strizza l'occhio
a videogames, social e soprattutto giovanissimi. Ora il Camp
Nou, con il via libera interessato del Barcellona, apre le porte
a Piqué ed il 26 marzo ospiterà le finali. Al momento, non senza
sorpresa da parte dei più scettici, sono stati venduti 70mila
biglietti su 90mila. Magari qualcuno è stato attratto dal
richiamo di vecchie glorie come Ronaldinho, Javier Hernández,
Soriano, Saviola, Capdevila, Sergio Agüero e Iker Casillas che
possono scendere in campo per la propria squadra.
Per i puristi del calcio si tratta di una "americanata", dove
le regole del calcio sono contaminate dall'uso di "carte jolly",
"bonus a sorpresa", "gol che vale doppio" e votazioni online sui
social. L'ultima trovata, più pubblicitaria che sportiva, è
l'utilizzo di un "giocatore mascherato", come nel wrestling: si
tratta di un calciatore della Liga che non avrebbe avuto il
permesso dal proprio club e per questo gioca con una maschera ed
una tuta nera.
La "King's League" riporta alla memoria esperimenti non
riusciti negli anni, a partire dal Mundialito per club degli
anni '80 per poi arrivare ad altre esperienze fallimentari più
recenti. L'ambizione non celata è guadagnare tanto attraverso
gadget e servizi grazie alla novità. L'obiettivo è emulare il
successo del padel (non a caso nato in Argentina) che
inizialmente offendeva i tennisti più ortodossi.
L'idea è di Piqué, sempre al centro dell'attenzione dei media
dopo la controversa separazione dalla cantante Shakira, e di
Ibai Llanos. Quest'ultimo è un creatore di contenuti molto
attivo sui social, divenuto celebre per essere stato il primo ad
intervistare Leo Messi sul passaggio dal Barca al Paris Saint
Germain.
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