Cinque giorni fa ha chiesto alla
Corte d'Appello di Milano "che con un ultimo gesto di umanità e
clemenza gli fosse concesso di morire da uomo libero" e quindi
di revocargli la misura cautelare che lo aveva portato in
carcere per rapina nell'aprile dell'anno scorso. Ma ieri, quando
è arrivato il parere favorevole della Procura Generale per la
sostituzione del provvedimento con l'obbligo di presentarsi alla
polizia giudiziaria, era ormai troppo tardi. L'uomo, con un
tumore ai polmoni allo stadio finale e che si era esteso anche
alle ossa, è morto dopo atroci dolori in un letto di
rianimazione dell'ospedale San Paolo ancora da detenuto.
A denunciare la vicenda di Giorgio C., in una lettera
inviata tra gli altri al ministro della Giustizia Alfonso
Bonafede, e al capo del Dipartimento dell'Amministrazione
Penitenziaria, Francesco Basentini, è stato il suo avvocato,
Francesca Brocchi. Nella missiva, chiede "di approfondire se vi
siano state violazioni dei suoi diritti di detenuto e di
malato".
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