Una querela per diffamazione che si
trasforma in una sentenza storica anti-hater. È successo pochi
giorni fa al tribunale di Pisa, dove l'imputato Alessandro
Raffa, ex politico e blogger, è stato condannato per
diffamazione ai danni del Trio Medusa, Gabriele Corsi, Giorgio
Maria Daviddi e Furio Corsetti. Lo rivelano gli stessi attori,
specificando che "la causa ha accolto una sentenza che, per la
prima volta nella storia giuridica, ha sanzionato il concorso
con ignoti, ovvero l'incitamento anche indiretto di altri utenti
a manifestare dissenso, provocando nei fatti l'altrui
diffamazione".
Nel 2013, durante una puntata del programma su Radio Deejay
"Chiamate Roma Triuno Triuno", il Trio Medusa aveva ironizzato
sul tema del signoraggio bancario. Alessandro Raffa, a seguito
della diretta radio, nel suo blog nocensura.com aveva scritto:
"Alcuni lettori ci hanno segnalato che il Trio Medusa in una
rubrica trasmessa su Radio Deejay ha screditato il tema del
signoraggio bancario [...] inoltre hanno denigrato coloro che ne
parlano: dipinti, in pratica, come poveri pirla". "Invitiamo
tutti i nostri lettori ad esprimere - in modo civile - dissenso
per la trasmissione in questione allo staff del Trio Medusa,
direttamente sulla loro pagina Facebook chiedendo al Trio Medusa
di 'rettificare' in merito ad una questione sicuramente molto
seria, sulla quale c'è ben poco da ridere." Immediata la
risposta degli utenti che a colpi di offese, minacce a titolo
personale verso i tre conduttori e le loro famiglie e volgarità,
avevano invaso la bacheca dei conduttori costringendoli a
denunciare l'accaduto.
"Abbiamo deciso di combattere questa battaglia per tutelarci
ma speriamo, soprattutto, di aver dato un segnale forte a tutti
coloro che, o per una burocrazia troppo contorta o per la paura
di esporsi, evitano di affrontare questa triste realtà e
soprassiedono" affermano Giorgio, Gabriele e Furio. "Questa
sentenza è particolarmente importante perché stabilisce non solo
la responsabilità di chi offende sui social, ma anche di chi
invita indirettamente a farlo, oltre a ribadire il concetto che
ciò che è virtuale è reale. Non si può pensare che sui social
sia ammesso insultare o minacciare".
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