''Napoleone schiavista'': mentre la
Francia si appresta a celebrare il bicentenario dalla morte
dell'imperatore, il 5 maggio 1821 durante l'esilio a Sant'Elena,
la Fondation pour la Mémoire de l'Esclavage lo accusa di aver
ripristinato nel 1802 la schiavitù abolita dalla Rivoluzione
francese, lasciando instaurare un regime coloniale più
segregazionista che sotto la monarchia.
"Napoleone ha agito come ha fatto per tutto il resto, senza
affetto, senza morale", ha detto all'agenzia France Presse il
presidente della Fondazione, l'ex premier Jean-Marc Ayrault,
basandosi su una ricerca storica realizzata per l'occasione.
"Questa decisione - prosegue l'ex sindaco di Nantes - non è un
'incidente di percorso ma si iscrive nella pratica del potere e
nella sua ambizione imperiale".
Intitolata "Napoléon colonial - 1802, le rétablissement de
l'esclavage", la nota storica trasmessa all'agenzia France
Presse e redatta da quattro storici - Marcel Dorigny, Bernard
Gainot, Malick Ghachem e Frédéric Régent - mostra come il
ripristino della schiavitù si iscrivesse nella politica
coloniale americana di Napoleone, che sognava di fare del Golfo
del Messico "un mare francese". Per i neri, il provvedimento
prevede un ritorno ad un regime addirittura più duro rispetto a
quello dell'Ancien Régime. "Napoleone vuole ampliare l'impero
coloniale francese: è il suo sogno americano. Per lui, il
ripristino della schiavitù è solo un mezzo al servizio di questo
sogno coloniale". In Francia, l'opportunità di celebrare o meno
il bicentenario della morte dell'imperatore suscita dibattito.
Napoleone è al tempo stesso tra i personaggi preferiti dai
francesi e figura controversa per la sua azione durante i
quindici anni in cui ha esercitato il potere, tra il 1799 e il
1815.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA