La bozza di Costituzione
messa a punto in Cile in un anno di lavoro da una Assemblea
costituente formata da 155 membri, e segnalata dagli analisti
come "la più avanzata del mondo", ha ricevuto una sonora
bocciatura nel referendum a cui ha partecipato, essendo il voto
obbligatorio, una gran parte dei 15 milioni di aventi diritto.
Il Servizio elettorale (Servel) cileno, infatti, ha
confermato che sulla base dello scrutinio dei voti del 88,8% dei
seggi, il no (rechazo) per la bozza di nuova Costituzione ha
raccolto 6.944.426 suffragi (62,00%), mentre il sì (apruebo) si
è fermato a quota 4.256.165 (38,00%).
I sondaggi di alcune settimane fa avevano già fatto suonare
un campanello d'allarme, prospettando una più che probabile
vittoria del fronte del no di centro-destra. Ma la realtà delle
cifre ufficiali ha superato ogni possibile previsione.
Il risultato, oltre le più rosee previsioni, è stato celebrato
dal Comitato del no come un "gesto di saggezza da parte ei
cileni" e come "una sonora lezione per l'ala più radicale di
sinistra e comunista" che ha sostenuto la nuova Costituzione.
Poco dopo la chiusura dei seggi, e quando ancora non erano
stati diffusi risultati, il presidente Gabriel Boric, disponendo
sicuramente di anticipazioni sul risultato avverso, ha inviato
una lettera ai leader di tutti i partiti cileni, convocandoli
per il pomeriggio di oggi alla Moneda.
In essa si spiegava che l'incontro doveva servire a "creare
uno spazio di dialogo trasversale" e a definire in tempi
brevissimi come portare avanti il processo costituente. Il capo
dello Stato aveva ripetutamente dichiarato in passato che il suo
programma di riforme sociali ed economiche era "perfettamente
compatibile" anche con l'attuale Costituzione.
Se avesse vinto l'opzione apruebo, la nuova Costituzione
sarebbe entrata in vigore nel giro di dieci-15 giorni, mentre
ora l'unica certezza è che è il testo concepito durante la
dittatura di Augusto Pinochet nel 1980, e più volte emendato, a
restare vigente.
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